martedì 28 dicembre 2010

LE RELAZIONCINE STORICHE: Conegliano Treviso (2000 D.C.)

Ottobre 2000

Le blonde trecce, gli occhi azzurri e poi…[1]

QUEST’ALBERGO NON E’ UNA CASA!
(purtroppo…)

Alle cinque del mattino (minuto più minuto meno) di un qualsiasi 26 ottobre, nell’imponente e buia stazione centrale di Milano, ci apprestavamo a partire alla volta di Conegliano e Treviso, per vedere due mostre sull’Impressionismo. Erano le sette e un quarto.
Per fortuna avevamo già fatto i biglietti il giorno precedente:
«Sono 23.600£» aveva detto il bigliettaio.
«Noi siamo di lettere moderne. Abbiamo diritto allo sconto?»
«Sono 23.600£» aveva ribadito l’uomo.
Giunte sul treno ancora vistosamente provate dalla levataccia, abbiamo riempito il vagone di sbadigli, e, mentre Silvia cercava invano di dormire le sue ultime ore di tranquillità, abbiamo intavolato alcune avvincenti discussioni come: gli esami, il proprio piatto preferito, cosa avremmo voluto fare invece di lettere (che tuttavia è una facoltà che permette di avere numerosi sconti[2]), e soprattutto i plagi letterari.
Le ore di viaggio, perciò, si sono dileguate, così come Il sole dissolve la nebbia[3], e, in breve tempo, abbiamo fatto il nostro ingresso a Mestre, una città anonima e insulsa, bionda con i capelli mori[4], senza capo né coda, una periferia squallida, e una stazione intrisa di respiro gallaratese.[5]
Sconcertate, siamo nuovamente salite sul treno, diretto finalmente a Conegliano, che fortunatamente ci ha colpito in modo differente:
«Sembra S. Francisco» ha osservato Elena.
«Ma perché, sei stata a S. Francisco?»
«No, ma guardo i telefilm americani…»
Conegliano è una ridente città che non ha nulla a che fare con l’anonimato di Mestre; inoltre la RAI ci ha quasi filmato mentre gustavamo i nostri panini parlando degli acari della polvere. Non solo! La mostra ci ha entusiasmato, sebbene io non abbia ottenuto ciò che bramavo:
«Il biglietto costa 8000£» ha annunciato gentilmente la cassiera.
«Abbiamo il tesserino universitario…»
«Va bene: 8000£.»
«…di lettere moderne, ovviamente.»
«8000£, prego.»
Ma ne valeva pena, malgrado i veneti si mostrassero sempre più ostili e scorbutici nei nostri confronti: dopo essere state insultate dal represso bigliettaio, siamo riuscite a prendere il treno per miracolo, in dispetto a tutti i bigliettai che osano prendersi gioco delle loro vittime, cioè i clienti milanesi. (e poi come fanno a sapere che sono milanesi???)
Sul treno il nostro pensiero non poteva non andare alle persone care che avevamo lasciato, come la Flores ma soprattutto Enza, preferibilmente chiamata con il senhal di Piera (si…insomma, quella delle rime pierose), che ci ha accompagnato lungo tutto il tragitto con il pensiero.
Anche Treviso, sin dall’inizio, ci ha conquistato:
«È proprio carina» ha commentato Elena, «sembra Como.»
«Ma perché, sei stata a Como?»
«No, però guardo Vivere…»
E finalmente, in seguito ad altre interessanti considerazioni, abbiamo raggiunto la pensioncina, modesta ma carina, posta in una gaia posizione: fra l’ospedale e le pompe funebri.
Non appena varcata la soglia dell’ingresso, ci hanno detto che ci avrebbero separate (due ragazze in un altro albergo, fuori città, per giunta) perché non c’era posto. Ma noi, stizzite ed eloquenti, li abbiamo costretti a spostarci tutte insieme in un hotel di categoria superiore… di lusso.
E allora, gaudeamus![6] Struttura raffinata e antica, bagni superbi, camere da sogno, televisione, radio, telefono, frigorifero con spumante e altre bontà, carta da lettere, fiocco cotone, salviette, cuffie per la doccia, porta-assorbenti a volontà. Non ci mancava proprio niente, eccetto la cena. Soggiogate dai piaceri della vita, non ci siamo neppure rese conto di avere fame, anche perché Silvia ha iniziato un gioco crudele di scherzi verso cellulari di conoscenti, che ha coinvolto anche noi (ha creato tre mostri), ma soprattutto il suo caro amico Iuri (detto Ius, Iuris), che non ci ha mai abbandonato, neppure sul treno del ritorno, quando, per salvare la faccia alle buontempone, ho dovuto sfoggiare tutte le mie doti di attrice/impiegata al call center col Branduardi in erba![7]
Ma le otto di sera sono sempre le otto di sera, anche quando si è ancora convinti che siano le cinque del mattino. E allora perché non attraversare la trafficatissima statale a piedi, avvolte nella tenebra, scongiurando il pericolo delle automobili che strombazzano, per raggiungere la più vicina pizzeria? E, perché non gustare un’anonima pizza margherita (che tuttavia ha un nome: Margherita) su una panchina affacciata sulla statale in questione, come quattro clochard, che si riuniscono nella notte per far fronte alla loro squassante solitudine?
E così, non appena arrivate al grand hotel “La fattoria”, di cui ormai avevamo preso pieno possesso, stranamente sane e salve, in seguito alla sfiatante avventura sulla statale, tra uno squillo e l’altro, un messaggio e uno schiamazzo, avevamo anche deliberato di andare dormire, sennonché la mattina ci ha sorpreso immediatamente, inducendoci a realizzare che si trattava degli ultimi istanti che ci apprestavamo a trascorrere nelle nostre regali suite.
E dunque partivamo, senza cappuccino né brioche, dato che ci era stato negato, ma non prima di aver per l’ultima volta ammirato incantate il paesaggio della campagna trevigiana, sulla quale la mia finestra si affacciava, con i prati, le galline, il tranquillo cane, l’amico tasso con l’ariosto, e così via…
Ma soprattutto non abbiamo potuto fare a meno di contemplare estaticamente per l’ultima volta il bagno, e, ovviamente, di asportare qualche ricordino.
La nostra visita a Treviso è cominciata con un negozio di dolcetti di Halloween e si è conclusa con i panini, salati, troppo salati, consumati alla stazione. Ovviamente abbiamo visto anche la seconda mostra sull’Impressionismo in programma, sfuggendo continuamente alle Furie e alle Erinni (rispettivamente bambini di prima elementare e irruenti liceali). Le dee della vendetta ci perseguitavano da una sala all’altra, irrompendo con il loro vociare fitto di sconcerto. Ma noi le abbiamo ripetutamente depistate, grazie all’esperienza acquisita durante il viaggio, all’arte di arrangiarsi e di non sentirsi mai in colpa per il danno arrecato a terzi (dunque, ho creato tre scroccone). E comunque abbiamo visitato i più emblematici monumenti della città oltre alla mostra, che tra l’altro costava 12.000£, sebbene…

«Siamo di lettere moderne. Abbiamo il tesserino universitario…»
«12.000£.»
«… E anche il libretto con i voti!»
«Allora, volete pagare o no?»

… noi fossimo laureande in lettere moderne, specializzate in storia dell’arte e affini, e non banali studentesse di medicina o lingue, magari di Casalpusterlengo![8] Comunque, nel complesso, la mostra ci ha affascinato, e, nonostante vertesse sulla nascita dell’Impressionismo, i nostri occhi, deviati dalla Flores, hanno visto solamente decorazioni cosmatesche, girali d’acanto a volontà, e ovunque donne ieratiche.[9]
A proposito di donne, non sono mancati i ritratti di alcune significative signore, come: la lasciva donna di Baudelaire, la donna del pittore, la donna di Renato Zero, e, infine, la donna che sembra un uomo.
I passeggeri del treno diretto a Milano hanno avuto occasione di ascoltare le nostre esibizioni canore (nel nostro repertorio c’era anche il duello o duetto di Non amarmi, ma soprattutto Battisti) per non parlare delle avventure telefoniche con Iuri. E pensare che erano le cinque del mattino, quando, attendendo una rapida risoluzione, ci siamo salutate cordialmente, sognando di trovare, al nostro ritorno a casa, dei copri-letti di seta, o perlomeno i bagni verdi[10], ma le nostri illusioni non si sono realizzate: questa gita è durata troppo poco!





Il testo originale dello scherzo da me ideato ai danni di Elena, Laura e Silvia (questa lettera, redatta su carta intestata dell’hotel, è arrivata alle mie compagne di viaggio qualche giorno dopo il ritorno a Milano, destando sconcerto e imbarazzo):


Lanzago di Silea, 31 ottobre 2000
Alla cortese attenzione di Laura Silvestri
La presente lettera, in merito al soggiorno di Caracciolo, Silvestri, Boscari e Sarcuno, durante i giorni 26 e 27 ottobre, ha come oggetto le ripetute lamentele della clientela e soprattutto dei responsabili dell’hotel La Fattoria durante i giorni in questione.
La presenza delle suddette persone, infatti, si è rivelata inopportuna e sgradita, a causa dei numerosi rumori e schiamazzi, avvertiti durante il pomeriggio e perfino nella prima parte della notte.
Ma il fatto che ha compromesso ulteriormente la situazione delle persone precedentemente nominate, consiste nella scomparsa, appurata nelle ore successive alla loro partenza, di numerosi oggetti di uso comune, e cioè: una scatola di fiammiferi, 9 salviette, una saponetta, una cuffia per la doccia, tre fiocco cotone e soprattutto 19 porta-assorbenti: riteniamo quest’uso volontariamente spropositato e ovviamente eccessivo per un unico pernottamento, nonché irrispettoso nei confronti del personale e di tutti coloro che sono stati privati dall’uso di suddetti beni di consumo personale.
Pertanto, invitiamo Caracciolo, Silvestri, Sarcuno e Boscari ad accordarsi per un’eventuale risarcimento, per evitare che telefonino inutilmente alla reception dell’hotel La Fattoria, e piuttosto, una volta giunte ad una soluzione, comunichino all’indirizzo e-mail fattoria@iol.it il tipo di risarcimento che intendono effettuare.
Per esempio, è accettabile che ricomprino la merce sottratta, e la facciano pervenire all’hotel La Fattoria.
Attendendo una rapida risoluzione, vi salutiamo cordialmente


La Direzione



[1] Riferimento alla nostra attività favorita durante gli spostamenti in treno: cercare i versi che i moderni cantautori hanno sottratto alle poesie del Duecento, in una parola… i plagi!
[2] Notevole l’ironia…
[3] Pascoliano o ungarettiano titolo di uno dei quadri che avremmo poi visto alla mostra
[4] Frase più volte pronunciata durante il viaggio d’andata, mentre ci cimentavamo nelle improbabili descrizioni dei nostri compagni di corso
[5] La stazione di Gallarate, patria di Silvia, è stata assurta ad archetipo di luogo poco sentito
[6] Titolo di uno spettacolo teatrale che la licenziosa docente di drammaturgia ci ha caldamente propugnato
[7] Chiamato in questo modo a causa della folta capigliatura pelata, a quanto pare
[8] Ovvio riferimento ad alcune delle fandonie raccontate a Iuri: io, Elena e Laura saremmo studentesse provenienti rispettivamente da Casalpusterlengo, Lecco e Torino
[9] Celeberrime espressioni e sintagmi Flores-arcaisiani
[10] Sono citate alcune delle note di spicco delle nostre camere d’hotel. Per ulteriori precisazioni si consiglia di leggere il documento che segue

mercoledì 8 dicembre 2010

Il film del mese: Dicembre


Sono un cavaliere errante che va ogni giorno a cercare avventure e il senso del mondo: ma non riesco a trovarlo. (Joseph Bédier - Romanzo di Tristano)

La felicità è reale solo se condivisa (dal film "Into the wild")