martedì 20 agosto 2013

Solo colui che smarrisce mille volte la sua via troverà quella che lo riporta alla sua casa (Gibran).

sabato 17 agosto 2013

PROVENZA 14-16 AGOSTO: LA RELAZIONCINA

Sulle tracce di Cezanne, Zola, Petrarca, Van Gogh e ovviamente dei poeti provenzali!

TAN M’ABELLIS L’AMOROS PENSAMEN[1]

14 agosto: Pronti, Provenza, via!
Badabum! Vorrei cominciare questa relazioncina con una rovinosa caduta dal letto, la prima nei miei (quasi) 33 anni di vita, proprio mentre sogno di essere in mezzo a un campo di lavanda, inebriata dal profumo dei fiori. E invece mi ritrovo sul parquet di casa, con le ginocchia sbucciate e la consapevolezza che tra qualche ora lambirò una terra ricca di suggestioni artistiche e poetiche, soprattutto se penso ai miei amati trovatori occitanici, che intorno al 1100 cominciarono a verseggiare in lingua d’oc, dando vita a una raffinatissima scuola poetica di corte, così importante anche per la tradizione letteraria italiana.
Il viaggio in pullman procede tranquillo e senza intoppi. Laura, l’assistente di viaggio della Turi Turi, è molto gentile e premurosa; inoltre io e mia mamma, che mi accompagna in questo tour, ne approfittiamo per conoscere alcuni dei componenti del gruppo, come Rossella, la signora Anna, i due fratelli Davide e Marina, una simpatica famiglia di Bergamo, nonché Michela di Pero, una fanciulla con una missione ben precisa: acquistare una tovaglia in terra occitanica, costi quel che costi!
La prima tappa è ad Aix En Provence, ridente località che diede i natali a Cezanne: su alcuni marciapiedi vi sono infatti delle placche che indicano il passaggio dell’artista o segnalano i luoghi più significativi della sua giovinezza. Per esempio scopriamo che durante il periodo della scuola conobbe Émile Zola, un altro personaggio molto legato ad Aix, e che tra loro vi fu una profonda amicizia, finita però non troppo bene.
Cammina cammina, a furia di calpestare placche e… vabbè, io anche qualcos’altro (ma si trattava dell’unica bruttura, Aix è una città pulitissima e ben curata), giungiamo nel cuore del centro storico, senza dimenticare di ammirare le splendide fontane che adornano questa località, come quella di Corso Mirabeau.
Ecco allora che scopriamo la cattedrale, la cappella degli Oblati, il Municipio e il museo Granet, le architetture barocche (ma non troppo, sempre abbastanza sobrie) mentre una calura piuttosto decisa ma non eccessiva ci accompagna e le cicale continuano a frinire. Perciò ci concediamo una sosta, gustando la specialità del posto: i calissons, dolci fatti con pasta di mandorle. Calissons, cioè delicati come carezze: pare che una principessa molto triste e sempre imbronciata abbia sorriso per la prima volta dopo averli assaggiati, ma se devo essere sincera non mi sembrano un granché.
E la lavanda? Beh, siamo ad agosto ed è un po’ sfiorita, in compenso la melodia delle cicale ci segue ovunque, anche al Novotel, dove i francesi hanno la strana abitudine di farti trovare in stanza l’aria condizionata al massimo e il piumone nel letto. Però qui almeno non cado!


15 AGOSTO: A CASA DEL PAPA
Slap! Potrei iniziare questa giornata col suono di uno schiaffo, non solo quello di Anagni ricevuto da papa Bonifacio VIII (oggi è la giornata dedicata al palazzo dei papi ad Avignone), ma anche a quello, metaforico, incassato dalla famiglia bergamasca, capeggiata dalla piccola Francesca. A colazione non fanno in tempo a voltarsi un attimo e, voilà, la borsa contenente soldi, documenti e un I-Phone sparisce come per magia.
A causa di quest’evento poco edificante ricorderemo il Novotel come l’albergo di Arsenio Lupin: insomma, il viaggio si tinge di giallo, tra atteggiamenti non proprio carini del personale dell’hotel, Laura che si fa in quattro per andare in questura e la borsa che viene ritrovata la mattina stessa in un altro albergo. Naturalmente, tutto razziato.

Ma cambiamo argomento e raggiungiamo Avignone, che dal 1309 al 1377 fu sede dei pontefici, affacciamoci dal celeberrimo ponte sul Rodano e ripercorriamo le alterne vicende tra la Chiesa di Roma e i sovrani di Francia. Andiamo anche più avanti nei secoli, all’epoca della Rivoluzione francese, e scopriremo il motivo per cui il palazzo dei Papi, all’esterno maestoso e imponente, si presenta con numerose “mutilazioni” al suo interno. I rivoluzionari, infatti, avevano l’abitudine di tagliare le teste, le mani e i piedi delle statue nonché degli affreschi raffiguranti religiosi e santi, perché in questo modo miravano a distruggere il potere della Chiesa.
Anche il parco del palazzo merita una visita approfondita, per la vegetazione curatissima con attenzione a ogni dettaglio, per i pesci enormi che sguazzano nel laghetto intimando ai turisti di dar loro da mangiare (aiuto!) e per l’atmosfera solenne che vi si respira.
Ma Avignone non è solo questo: all’interno delle mura scopriamo che il centro storico è un vero “gioiellino”, tra giostrine d’altri tempi e negozietti pieni di lavanda: purtroppo neppure qui Michela riesce a trovare la sua tovaglia ideale; in compenso ci godiamo una baghette memorabile.
Poi è la volta di Isle Sur La Sorgue: sotto certi aspetti ricorda un po’ i navigli milanesi, solo che non siamo in una grande città, ma in un borgo animatissimo e molto caratteristico, pieno di mulini ad acqua e di angoli da scoprire.
Il secondo e ultimo borgo che vediamo nel pomeriggio è Valchiusa, luogo petrarchesco per eccellenza! L’autore dei Rerum Vulgarium Fragmenta amava trascorrere le sue giornate nella quiete di questo posticino idilliaco “incastonato” nella montagna, dominato dai boschi e dalle acque della Sorgue. Acque? Ma che dico acque? Chiare fresche e dolci acque!


16 AGOSTO: IL SOLE MI FA CANTARE!
Cri cri… vediamo se indovinate quest’ultima onomatopea: mah sì, sono le cicale, ancora loro! Non ci hanno abbandonato un attimo durante la nostra permanenza in Provenza, e per giunta ad Arles notiamo che i negozi sono pieni di souvenir che rappresentano in tutte le salse l’inquietante animaletto. Ma perché? Beh, per la farla breve la cicala è uno dei simboli della Provenza. Tutto inizia con un verso del poeta Frédéric Mistral, il quale scrisse: “il sole mi fa cantare”. Quindi un artigiano ebbe l’idea di iniziare a realizzare sculture per rendere omaggio alla… colonna sonora delle estati provenzali. E così troviamo cicale ovunque, ma anche una scultura dedicata a questo poeta.
Arles è una cittadina più afosa delle precedenti, meno curata e con una vocazione spiccatamente contadina. Ed è soprattutto il luogo che ispirò alcune delle opere più celebri di Vincent Van Gogh, come quella della sua stanza d’ospedale. Qui infatti l’artista fu ricoverato e trascorse alcuni degli anni più difficili della sua travagliata esistenza: allora non ci resta che ripercorrere anche i luoghi del precursore dell’Espressionismo, senza dimenticare la Cattedrale, dove gotico e romanico si fondono armoniosamente, fino a raggiungere la parte antica della città. Qui sorge il sito archeologico, dominato dal teatro romano, in cui attualmente si svolgono corride (questa non è una cosa bella). Qui concludiamo questo piccolo viaggio attraverso una grande terra e, udite udite, Michela riesce finalmente a trovare non una ma due tovaglie! Per di più scontate!
Tutti sul pullman: Laura (o L'aura??) ci invita a osservare dal finestrino gli ultimi scorci di Francia: Cannes, Nizza, la baia di Montecarlo, l’azzurro spavaldo del mare, e così si conclude l’ultimo viaggio di quest’estate. Merci beaucoup.



[1] Incipit di una nota poesia di Folchetto da Marsiglia, uno dei  trovatori provenzali più rappresentativi.