Sulle tracce
di Cezanne, Zola, Petrarca, Van Gogh e ovviamente dei poeti provenzali!
TAN
M’ABELLIS L’AMOROS PENSAMEN[1]
14 agosto: Pronti, Provenza,
via!
Badabum! Vorrei cominciare questa relazioncina con
una rovinosa caduta dal letto, la prima nei miei (quasi) 33 anni di vita,
proprio mentre sogno di essere in mezzo a un campo di lavanda, inebriata dal
profumo dei fiori. E invece mi ritrovo sul parquet di casa, con le ginocchia
sbucciate e la consapevolezza che tra qualche ora lambirò una terra ricca di suggestioni
artistiche e poetiche, soprattutto se penso ai miei amati trovatori occitanici,
che intorno al 1100 cominciarono a verseggiare in lingua d’oc, dando vita a una
raffinatissima scuola poetica di corte, così importante anche per la tradizione
letteraria italiana.
Il viaggio in pullman procede tranquillo e senza
intoppi. Laura, l’assistente di viaggio della Turi Turi, è molto gentile e
premurosa; inoltre io e mia mamma, che mi accompagna in questo tour, ne
approfittiamo per conoscere alcuni dei componenti del gruppo, come Rossella, la
signora Anna, i due fratelli Davide e Marina, una simpatica famiglia di
Bergamo, nonché Michela di Pero, una fanciulla con una missione ben precisa:
acquistare una tovaglia in terra occitanica, costi quel che costi!
La prima tappa è ad Aix En Provence, ridente località
che diede i natali a Cezanne: su alcuni marciapiedi vi sono infatti delle
placche che indicano il passaggio dell’artista o segnalano i luoghi più
significativi della sua giovinezza. Per esempio scopriamo che durante il
periodo della scuola conobbe Émile Zola, un altro personaggio molto legato ad
Aix, e che tra loro vi fu una profonda amicizia, finita però non troppo bene.
Cammina cammina, a furia di calpestare placche e…
vabbè, io anche qualcos’altro (ma si trattava dell’unica bruttura, Aix è una
città pulitissima e ben curata), giungiamo nel cuore del centro storico, senza
dimenticare di ammirare le splendide fontane che adornano questa località, come
quella di Corso Mirabeau.
Ecco allora che scopriamo la cattedrale, la cappella
degli Oblati, il Municipio e il museo Granet, le architetture barocche (ma non
troppo, sempre abbastanza sobrie) mentre una calura piuttosto decisa ma non
eccessiva ci accompagna e le cicale continuano a frinire. Perciò ci concediamo una sosta, gustando la specialità del posto: i calissons, dolci
fatti con pasta di mandorle. Calissons, cioè delicati come carezze: pare che
una principessa molto triste e sempre imbronciata abbia sorriso per la prima
volta dopo averli assaggiati, ma se devo essere sincera non mi sembrano un
granché.
E la lavanda? Beh, siamo ad agosto ed è un po’
sfiorita, in compenso la melodia delle cicale ci segue ovunque, anche al
Novotel, dove i francesi hanno la strana abitudine di farti trovare in stanza
l’aria condizionata al massimo e il piumone nel letto. Però qui almeno non
cado!
15 AGOSTO: A CASA DEL PAPA
Slap! Potrei iniziare questa giornata col suono di
uno schiaffo, non solo quello di Anagni ricevuto da papa Bonifacio VIII (oggi è
la giornata dedicata al palazzo dei papi ad Avignone), ma anche a quello,
metaforico, incassato dalla famiglia bergamasca, capeggiata dalla piccola
Francesca. A colazione non fanno in tempo a voltarsi un attimo e, voilà, la
borsa contenente soldi, documenti e un I-Phone sparisce come per magia.
A causa di quest’evento poco edificante ricorderemo
il Novotel come l’albergo di Arsenio Lupin: insomma, il viaggio si tinge di
giallo, tra atteggiamenti non proprio carini del personale dell’hotel, Laura
che si fa in quattro per andare in questura e la borsa che viene ritrovata la
mattina stessa in un altro albergo. Naturalmente, tutto razziato.
Ma cambiamo argomento e raggiungiamo Avignone, che dal
1309 al 1377 fu sede dei pontefici, affacciamoci dal celeberrimo ponte sul
Rodano e ripercorriamo le alterne vicende tra la Chiesa di Roma e
i sovrani di Francia. Andiamo anche più avanti nei secoli, all’epoca della
Rivoluzione francese, e scopriremo il motivo per cui il palazzo dei Papi,
all’esterno maestoso e imponente, si presenta con numerose “mutilazioni” al suo
interno. I rivoluzionari, infatti, avevano l’abitudine di tagliare le teste, le
mani e i piedi delle statue nonché degli affreschi raffiguranti religiosi e
santi, perché in questo modo miravano a distruggere il potere della Chiesa.
Anche il parco del palazzo merita una visita
approfondita, per la vegetazione curatissima con attenzione a ogni dettaglio,
per i pesci enormi che sguazzano nel laghetto intimando ai turisti di dar loro
da mangiare (aiuto!) e per l’atmosfera solenne che vi si respira.
Ma Avignone non è solo questo: all’interno delle mura
scopriamo che il centro storico è un vero “gioiellino”, tra giostrine d’altri
tempi e negozietti pieni di lavanda: purtroppo neppure qui Michela riesce a
trovare la sua tovaglia ideale; in compenso ci godiamo una baghette memorabile.
Poi è la volta di Isle Sur La Sorgue: sotto certi
aspetti ricorda un po’ i navigli milanesi, solo che non siamo in una grande
città, ma in un borgo animatissimo e molto caratteristico, pieno di mulini ad acqua e di angoli da scoprire.
Il secondo e ultimo borgo che vediamo nel pomeriggio
è Valchiusa, luogo petrarchesco per eccellenza! L’autore dei Rerum Vulgarium Fragmenta amava
trascorrere le sue giornate nella quiete di questo posticino idilliaco “incastonato”
nella montagna, dominato dai boschi e dalle acque della Sorgue. Acque? Ma che dico acque? Chiare fresche e dolci acque!
16 AGOSTO: IL SOLE MI FA CANTARE!
Cri cri… vediamo se indovinate quest’ultima
onomatopea: mah sì, sono le cicale, ancora loro! Non ci hanno abbandonato un
attimo durante la nostra permanenza in Provenza, e per giunta ad Arles notiamo
che i negozi sono pieni di souvenir che rappresentano in tutte le salse
l’inquietante animaletto. Ma perché? Beh, per la farla breve la cicala è uno
dei simboli della Provenza. Tutto inizia con un verso del poeta Frédéric
Mistral, il quale scrisse: “il sole mi fa cantare”. Quindi un artigiano ebbe
l’idea di iniziare a realizzare sculture per rendere omaggio alla… colonna sonora
delle estati provenzali. E così troviamo cicale ovunque, ma anche una scultura
dedicata a questo poeta.
Arles è una cittadina più afosa delle precedenti,
meno curata e con una vocazione spiccatamente contadina. Ed è soprattutto il
luogo che ispirò alcune delle opere più celebri di Vincent Van Gogh, come
quella della sua stanza d’ospedale. Qui infatti l’artista fu ricoverato e
trascorse alcuni degli anni più difficili della sua travagliata esistenza:
allora non ci resta che ripercorrere anche i luoghi del precursore
dell’Espressionismo, senza dimenticare la Cattedrale, dove gotico e romanico si
fondono armoniosamente, fino a raggiungere la parte antica della città. Qui
sorge il sito archeologico, dominato dal teatro romano, in cui attualmente si
svolgono corride (questa non è una cosa bella). Qui concludiamo questo piccolo
viaggio attraverso una grande terra e, udite udite, Michela riesce finalmente a
trovare non una ma due tovaglie! Per di più scontate!
Tutti sul pullman: Laura (o L'aura??) ci invita a osservare dal finestrino gli ultimi scorci di
Francia: Cannes, Nizza, la baia di Montecarlo, l’azzurro spavaldo del mare, e
così si conclude l’ultimo viaggio di quest’estate. Merci beaucoup.
[1] Incipit di una nota poesia
di Folchetto da Marsiglia, uno dei trovatori
provenzali più rappresentativi.
3 commenti:
ops... dato che ho scritto la relazioncina di getto, ho dimenticato di dire che i corridoi del Novotel ricordavano molto "Shining"... mentre li attraversavo, pensavo che le gemelline o il bimbo sul triciclo sarebbero spuntati fuori da un momento all'altro. Per non parlare della "fortuna", che ha colpito anche Michela, bersagliata dall'alto dai simpaticissimi piccioni provenzali!
condivido pienamente !!!!
grazie! sei stata un'accompagnatrice bravissima!
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