sabato 6 ottobre 2012

Forse potrei vivere/ dentro un faro/ in balia del mare/ e riempire ogni notte/ i miei occhi di onde

Forse potrei vivere


Dentro un faro

In balia del mare

E riempire ogni notte

I miei occhi di onde

da "Ancora tenterò la mia lira" di Fabiana Sarcuno (2010, Apollonio editore)

lunedì 1 ottobre 2012

domenica 30 settembre 2012

UN VIAGGIO CHIAMATO VITA di Banana Yoshimoto

Un viaggio, per quanto terribile possa essere, nel ricordo si trasforma in qualcosa di meraviglioso.

Ho pensato che se si investe del denaro per andare all'estero, piuttosto che stare a guardare i muri che ci portiamo dentro, anche solo vivere ogni giorno a cuore aperto può fare la differenza.

Forse se costruiamo negozi sempre illuminati, grandi parchi e luci da tenere accese tutta la notte, è perché non vogliamo più provare quella paura. Ma affrontando di tanto in tanto le tenebre reali ci liberiamo da quelle che portiamo dentro. Non dicevano questo, i nostri antenati?

Sono molto felice di fronte a una gentilezza, a uno scambio di sorrisi, ma mi rendo conto che lo stesso gioire per cose come queste è dovuto a una profonda stanchezza.

Una volta, in un passato lontano che non è più nei miei ricordi, anche per me il mattino era l'inizio di qualcosa di bello, il ritorno in vita dopo una piccola  morte.

Penso che la cucina sia agli antipodi della scrittura. Non c'è niente di tanto realistico quanto il preparare da mangiare. Non c'è niente di più distante dalla vita delle persone che lo scrivere romanzi. Per questo fanno bene al cuore.

BELLO!

sabato 8 settembre 2012

lunedì 27 agosto 2012

relazioncina: Barcellona!!!

VADO IN BARÇA!
 



Chris McCandless, in arte Alexander Supertramp [1], sostiene che tutto quello di cui abbiamo bisogno per vivere equivale a ciò che riusciamo a far stare dentro uno zaino, possibilmente leggero, per poter, all’occorrenza, fuggire rapidamente.

Sarà anche vero, ma se il mio bagaglio è essenziale, in partenza per Barcellona, è soltanto perché desidero riempirlo dei sapori, dei profumi e dell’abbagliante splendore di una città che, come qualsiasi capolavoro degno di questo nome, non finirà mai di esprimere ciò che ha dentro di sé.


Riempire lo zaino, la testa e il cuore di Barcellona, di emozioni catalane e, ciliegina sulla torta, indossare la maglia di Messi, uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, protagonista di una favola che l’ha portato dalle tenebre della malattia alle vette più alte dello sport, trasfigurato in poesia.

Ben più prosaico, invece, il tour operator al quale mi sono affidata: Caldana. Prima sono costretta a svegliarmi alle quattro del mattino (inutilmente), poi scopro che il servizio navetta previsto è tutt’altro che servizievole perché compie un percorso inaudito per arrivare a Savona, passando per Cinisello Balsamo e Piacenza.

In compenso conosco le prime compagne di quest’avventura spagnola: Paola, Giusy, Gabriella e le due Luciane, nonché, ahimè, l’accompagnatrice: «Mi chiamo Magjit, ma chiamatemi come volete».

Perfetto, la prendiamo alla lettera e diventa subito… Magique.

«Sul pullman sedetevi dove volete» bofonchia Magritte tra uno sbadiglio e l’altro, poi però si scopre che i posti sono assegnati e ci dobbiamo risistemare.

Attraversare la Costa Azzurra con il sottofondo della lagnosissima musica francese in stile Carla Bruni è piuttosto mortificante, anche perché il pullman è immerso nel mutismo totale. Meno male che il traffico è pressoché assente, perciò alle 20.00 precise varchiamo la soglia dell’hotel, dopo aver osservato «un po’ di vegetazione alla vostra destra e sinistra», come sapientemente puntualizza Matisse al confine tra Spagna e Francia, ma anche un monumento a forma di proiettile, una volta entrati a Barcellona.

Secondo giorno: fortunatamente Luca, la guida locale, è molto loquace e infatti descrive i sontuosi palazzi modernisti presenti a pochi passi dal nostro albergo, il Catalunya Berna, posto in una posizione strategica, praticamente in pieno centro.



Tutto iniziò da Amilcare Barca, padre di Annibale, che diede il nome all’antica Barcino, spiega il nostro cicerone mentre raggiungiamo il Palazzo della Musica, in stile liberty.

La passeggiata nel quartiere gotico è di grande interesse perché permette di osservare vicoletti suggestivi, toccare una tartaruga che, pare, porti fortuna (a Verona, con il seno di Giulietta non è andata malaccio, speriamo di bissare) ed entrare nella cattedrale di S. Eulalia, davvero pregevole, sia all’esterno che all’interno, impreziosita da un chiostro nel quale vivono tredici oche. Esse rappresentano l’età del martirio della Santa e inoltre si fanno fotografare volentieri dai passanti.

Sempre al Ritmo di S. Eulalia [2] si prosegue verso piazza Catalunya e poi si pranza presso il locale Txapela in compagnia di nuove amiche, come la super estrosa Maria, carica di aspettative che vengono presto deluse: «Ma non era questa la vacanza per singles con i divertimenti e le feste ogni sera? Mi hanno venduto questo viaggio dicendo che mi sarei divertita un casino»!

Vincendo le perplessità iniziali, le rispondo che forse c’è stato un equivoco, un malinteso o, ancora peggio, un raggiro da parte della sua agenzia viaggi…

A ogni modo le tapas sono ottime, soprattutto quelle a base di prosciutto iberico. I camerieri, tra l’altro, sono molto gentili e sopportano col sorriso sulla bocca le continue proteste dell’irreprensibile Giusy, che reclama con impazienza le tapas ordinate, mangiando anche quelle che non sono sue!

Al pomeriggio non c’è niente di meglio che camminare lungo Paseo de Gracia, guidate da Maria, una personal shopper d’eccezione, ma soprattutto è l’occasione per recarsi presso le celebri case moderniste: Morera, Amatller e, giù il cappello, Casa Battlò, dove entriamo.



Il biglietto costa diciotto euro, ma riesco a sfangarla e pago il ridotto grazie a una faccia da eterna studentessa e al vecchio tesserino universitario: mai buttarlo via!

Comunque ne vale davvero la pena: la casa realizzata da Gaudì è un trionfo di curve, colori ed energia. Da vedere e rivedere!!

A cena, tutti al ristorante presso il porto… tutti tranne la povera Silvia, una ragazza lasciata in hotel. Poi in qualche modo arriva e fortunatamente un po’ di paella è rimasta anche per lei.

Ora gli spagnoli si risentiranno, ma devo ammettere che la crema catalana lascia un po’ a desiderare: una pappa molliccia e affumicata che viene propinata alla fine di ogni pasto!


Questo lo dico con tutto il rispetto per un popolo molto cordiale e amichevole, capace di farsi in quattro per aiutare gli stranieri che si perdono nelle strade della città.

E poi la sera del 23 agosto gli abitanti di Barcellona sono particolarmente di buon umore: Messi e compagni hanno conquistato la Supercoppa suonandole al Real Madrid, con grande scorno di quell’antipatico di Mourinho!

Ok, la maglia numero dieci della “Pulce” sarà mia, penso, contemplando la Rambla in festa che si tinge di blaugrana.



In compagnia del gruppo, ormai consolidato, percorro questa strada fino al mare, dove si erge il monumento dedicato a Cristoforo Colombo, e poi indietro, fino all’hotel.

A Barcellona è d’obbligo fare tardi, anche se il giorno seguente è prevista una giornata di visite molto impegnativa. Si parte da Parc Guell, realizzato da quel gran genio di Gaudì, che si ispirava alla natura e trasmette una sensazione di energia allo stato puro, per esempio attraverso le fontane dai colori variopinti o le casette fiabesche.

La Sagrada Familia è una scoperta ancora più emozionante, che lascia senza parole e testimonia anche la religiosità dell’artista, nonché degli scultori che hanno contribuito a realizzare insieme a Gaudì questo capolavoro in costante divenire.

Davanti a una delle facciate, Luca si sofferma anche sulla simbologia complessa e allusiva di alcuni particolari, come il “quadrato magico”, in cui la somma dei numeri dà sempre 33, cioè l’età di Cristo.

Al pomeriggio è la volta del Museo Picasso. Gratuito per gli insegnanti (!), al suo interno è possibile ripercorrere l’iter dell’artista a partire dalle opere più realistiche, nelle quali è evidente l’imitazione del padre, fino al cubismo vero e proprio.



Molto spazio è dedicato al periodo blu e alle rivisitazioni dell’opera Las Meninas di Velasquez.

Al ritorno, attraversando la Rambla, ci imbattiamo nella Bogueria: si tratta di un vivacissimo mercato coperto dove Giusy vuole offrirmi un frullato a tutti i costi e per poco non ci perdiamo in mezzo alla folla.

Ma il bello arriva dopo cena: dato che a Barcellona i taxi costano poco e in gruppo spendiamo davvero un’inezia, decidiamo di recarci con questo mezzo a Piazza Spagna per ammirare il meraviglioso spettacolo della Fontana Magica, in cui colori, musica e giochi d’acqua si avvicendano, nella cornice del Palazzo Reale e nel cuore dell’affollatissima movida spagnola.

Dopodiché, quasi per caso, saliamo con un ascensore esterno in cima all’ex arena, trasformata in un centro commerciale: dalla terrazza è possibile contemplare un panorama a 360 gradi, che comprende anche i giardini di Mirò.

Dato che la serata è andata alla grande e il gruppo è sempre più numeroso, io, Silvia e Gabriella ci complimentiamo a vicenda perché abbiamo scoperto da sole dei posti ignorati da Caldana: siamo delle ottime guide, altro che Majestic!



Il 25 agosto effettuiamo un’escursione a Montserrat, presso uno dei più importanti monasteri mariani d’Europa.

Invece di un’atmosfera permeata da pace e silenzio eremitico, capitiamo in una manifestazione separatista di nazionalisti catalani.

Matrix dice che sono un po’ come i leghisti in Italia; quel che è certo è che si divertono un sacco, tra balli, esibizioni di sbandieratori, personaggi in costume e piramidi umane, per non parlare dei fantocci giganteschi che danzano al ritmo dei tamburi.

A Montserrat mi hanno particolarmente colpito la Madonna Nera, simbolo di fertilità e meta di pellegrinaggio; il crocefisso che ti segue con lo sguardo ovunque tu vada, posto in una cappella della chiesa; il convento delle suore di clausura… con tanto di piscina!

La tappa successiva, dopo il ritrovo all’Hard Rock Cafè di Piazza Catalunya, è Montjuic, una collinetta che visitiamo sotto un solleone inferocito, con buona pace dell’anticlone Beatrice. Non si tratta di un luogo poi così significativo, fatta eccezione per il monumento che omaggia la Sardana, danza tipica catalana.

Perciò, dopo una pausa al centro commerciale (con grande gioia di Maria che qui stringe amicizia con una signora del posto), per riscattare questo pomeriggio ci rechiamo alla chiesa gotica della Conceptiòn.

Camminiamo a più non posso, anche di sera, per riempirci un’ultima volta gli occhi di case moderniste, come la Pedrera e casa Battlò in versione notturna, ammiccanti come non mai.



Intanto ripensiamo ai bei momenti trascorsi a Barcellona:

«Queste tapas sembrano unte» si lamentava Silvia a pranzo.

«E tu prendine ancora» ribatteva Giusy, che troppe ne pensa e troppe ne fa!

Ebbene, mi mancherà il nostro gruppo “autogestito”, con le sue figuracce e tanta voglia di amicizia.

Mi mancherà persino Malevic, che di notte giungeva trafelata e scalza alla reception perché si era scordata di ordinare la sveglia per il suo (?) gruppo.

Mi mancherà il Barcellona F.C., molto più di un club, e la lingua catalana, simile all’occitanico, così scanzonata e musicale.

Mi mancherà tutto, ma non la maglia di Messi: quella ce l’ho addosso e me la tengo stretta; arricchirà il mio bagaglio ma senza appesantirlo, come tutti i ricordi di queste intensissime giornate trascorse nella città più viva della Spagna.

Perché Barcellona è una città magica, anzi… Magjit!




P.S. Dall’sms di Faby a Silvia, tornata con l’aereo: “News: Magit ci ha abbandonato a Savona per fuggire con l’autista. Dato che siamo arrivati con largo anticipo perché avevano fretta, abbiamo aspettato noi la navetta di Maria (guidata da una donna, con suo disappunto) con il nuovo autista, che per la prima volta ha fatto un appello: che emozione!"

[1] Jon Krakauer, Nelle terre estreme, Corbaccio, Milano, 2008
[2] In realtà è una sequenza risalente al IX secolo d.C. Si tratta di uno dei primi documenti letterari che testimoniano il passaggio dal latino alle lingue romanze.

venerdì 10 agosto 2012

Vulture Melfese... per concludere...


 Tappa a Castel Lagopesole, altra meta federiciana. Dicono che questo castello sia infestato da un fantasma... brrr...


 Ovviamente non poteva mancare Rionero in Vulture. Nella foto, l'Orologio della Costa. Da non perdere: la chiesa Madre, il museo del Brigantaggio e la Biblioteca, presso il Palazzo Giustino Fortunato, che nacque proprio qui! Peccato per l'incuria di molti rioneresi... svegliatevi, ma DI BRUTTO!


Una bella veduta dei sette colli del Vulture. Queste foto le ho scattate in primavera, ma non potevo non metterle!


Sulla strada per Monticchio. E nella foto sotto chi è che trova l'UFO??


giovedì 9 agosto 2012

Venosa: non solo Orazio








La storia di Venosa inizia da lontano, molto lontano... e non posso certamente raccontarla tutta nelle poche righe di questo blog!
Stiamo parlando infatti di uno dei paesi più ricchi della regione, per non dire d'Italia, dal punto di vista artistico, storico, letterario...
Venosa, infatti, è innanzitutto la patria del poeta latino Quinto Orazio Flacco: tra le viuzze del centro storico infatti è possibile visitare la casa che appartenne all'autore, anche se non è sicuro al cento per cento che quella fosse la sua dimora, perciò è detta "la supposta casa di Orazio", per gli amici semplicemente... "la supposta!"
Non solo Orazio: Venosa ha dato i Natali anche al figlio di Federico II, Manfredi (biondo era e bello... ricorda Dante) e ad altri poeti, come per esempio il petrarchista Luigi Tansillo.
Dato che qui la vita fiorì a partire dal Paleolitico, da visitare... c'è tantissimo!

Per esempio la Chiesa della SS. Trinità, detta anche "Incompiuta", in stile paleocristiano, con le tombe del re normanno Roberto il Guiscardo e di sua moglie, antichissimi affreschi e mosaici di inestimabile valore.
Attenzione al custode, quello che è in possesso delle chiavi della chiesa... è veramente fuori di testa!
Fuori dalla Trinità merita una visita anche il parco archeologico, per rendersi conto di come fosse l'archittettura classica di Venusia.


All'interno del centro storico, oltre a passeggiare tra vicoli minuscoli, ammirare monumenti di età romana e medievale, come la fontana angioina, entrare nella Cattedrale in stile gotico, ci si imbatte nel Castello Ducale, fatto costruire nel Quattrocento dal duca Pirro del Balzo. Interessante il museo al suo interno, peccato invece per le Catacombe, che è praticamente impossibile visitare, dato che è necessario un permesso del Soprintendente ai Beni Culturali... ma prima o poi ce la farò!

Sapori lucani




Agosto in Basilicata è tempo di sagre, degustazioni e piacevoli scoperte di prodotti tipici. Non dimentichiamo che questa è la terra dell'Aglianico: infatti gli eventi dedicati al re dei vini lucani sono numerosi, ma il più spettacolare, anche per la location suggestiva (sembra di essere in un Presepe!) e le manifestazioni artistiche a esso collegate è senza dubbio "Cantinando", che si svolge tra le cantine di Barile nella seconda metà di agosto.
 Un'altra sagra imperdibile è quella dei Cavatielli col cas' ricott (l'avrò scritto correttamente?), che si svolge a Ruvo del Monte. Il piatto della fotografia sopra dice tutto!
Per non parlare degli strascinati con i fagioli e sausizz, a Rionero in Vulture o di altri eventi gastronomici come quello dedicato alla strazzata, a Stagliuozzo, una frazione di Avigliano sperduta in mezzo alle montagne: per arrivarci occorre salire su uno dei pullman che vengono messi a disposizione proprio per quella serata.
In alternativa alle sagre, il mio consiglio "mangereccio" a Rionero e dintorni è il seguente:
  • Paste da don Pasquale Libutti (pasticceria principale del paese), tra Deliziose, Diplomatici, Cannoli e altre specialità di dimensioni titaniche
  • Focaccia a Ruvo del Monte (con e senza il pomodoro, è buona uguale)
  • Biscotti da latte e altri prodotti da forno presso Santina Danzante, sempre a Rionero
  • A Venosa, da provare i Pizzicannelli, dolci con cioccolato e vin cotto
  • Tornando a Rionero, molto buona la pizza presso "Il ristoro", ma anche il panzerotto da Ok pizza
  • Dove capita: pettole, mozzarelle, ricotta, olio, vino, pasta fatta in casa, salsiccia, scamorza!

lunedì 6 agosto 2012

Ripacandida: la piccola Assisi


Ripacandida sorge su una collinetta bianca (questo spiega l'origine del nome) ed è un paese molto caratteristico, dal quale si gode una splendida vista del monte Vulture.
Da non perdere la chiesa di San Donato (patrono di Ripacandida), impreziosita da affreschi del XV secolo che... non vi ricordano qualcosa? Ma certo: la basilica di S. Francesco ad Assisi! La somiglianza è notevole, le due chiese sono gemellate ed è per questo che il paese in provincia di Potenza è anche conosciuto come "la piccola Assisi".

Proprio vicino al santuario dedicato al santo patrono è possibile entrare nella villa comunale... la più bella in assoluto che io abbia mai visto in Basilicata. Si tratta di un giardino storico, magnificamente curato e ricco di rari esemplari, come la Sequoia Antica.


Se capitate da queste parti in estate, non potrete contemplare colline verdeggianti o cieli da sogno come nelle fotografie che ho scattato in primavera, ma magari avrete il piacere di imbattervi in qualche sagra. L'altra sera a Ripacandida c'era quella dedicata alle pettole, frittelle tipiche dalla forma allungata; il giorno successivo era la volta della pizza... ma parleremo delle sagre lucane in un altro post!

sabato 4 agosto 2012

Basilicata: non solo sassi


Nella vasta e boscosa zona del Vulture Melfese (ma poi, perché Melfese????), è incantevole il paesaggio sui laghi di Monticchio.
Si tratta di due laghi quasi gemelli (uno grande, l'altro piccolo) di origine vulcanica, immersi nella vegetazione rigogliosa e un po' selvaggia (e purtroppo un po' abbandonata) del luogo.
Il fatto che il monte Vulture fosse un antico vulcano, ormai spento, spiega molte cose: la presenza di centinaia di fonti, innanzitutto: potrei fare i nomi di qualche marca conosciuta, come Lilia o Gaudianello, o descrivere paesi in cui l'acqua frizzante sgorga dai rubinetti delle case, parlare di acque ferrose, acque che forniscono approvvigionamenti alla Puglia, acque che suscitano l'interesse anche di grandi multinazionali come Coca Cola... insomma, questo è il Paradiso delle acque. E del vino, Aglianico, appunto, che vuol dire "Ellenico", ed era già celebrato nell'antichità dal poeta venosino Orazio Flacco.
Tornando sul cratere del vulcano, cioè presso i laghi di Monticchio, perché non ripercorrere i sentieri degli antichi monaci basiliani, visitando l'abbazia di San Michele? Di recente sono stati scoperti anche i ruderi di un'altra architettura medievale, l'abbazia di Sant'Ippolito, e i lavori sono ancora in corso.
Se si preferisce la scienza all'arte, il museo di storia naturale del Vulture è davvero interessante: pare che in queste zone vi siano degli esemplari di animali unici, come la farfalla chiamata Bramea. Io non ne ho vista neanche una dal vivo, ma mi sono imbattuta in parecchie volpi e splendidi falchi.
A proposito di falchi, è qui che Federico II scrisse "De arte venandi cum avibus": la zona nord della Basilicata è infatti ricca non solo di questi maestosi volatili, ma anche di castelli che testimoniano la presenza federiciana...
Comunque, quando si arriva al lago grande, è possibile dare un'occhiata alle ninfee, sullo specchio d'acqua. Bellissimo spettacolo, ma anche valorizzazione assai scarsa. Lucani, please svegliarsi!
Dimenticavo... Monticchio è piena di ristoranti, agriturismi, posti simpatici e alla mano dove mangiare e dormire, ma per un pranzo veloce a base di specialità locali, segnalo la Grotta Neviera. Prosciutto e vino insuperabili. Vista su entrambi i laghi. Cosa desiderare di più?

mercoledì 25 luglio 2012

I soliti marateoti (ultima parte)

Diciamo "ciao" a Maratea, e ai suoi servizi insuperabili...


Diciamo "ciao" a Maratea, la "perla del Tirreno", incastonata tra la Campania e la Calabria, ma appartenente alla Basilicata (perché la Basilicata ESISTE!)


 Diciamo "ciao" a Maratea, con i suoi villoni nascosti tra la folta e selvaggia boscaglia, dove, pare, le famiglie "bene" si ritrovano, rinchiudendosi per tutta l'estate a mangiare, giocare a carte e stare per conto loro, dimenticandosi il confronto col mondo circostante... meno male che i gatti sono più aperti, vanno dove piace a loro, senza schemi, senza pregiudizi... e ogni tanto vengono a trovarci!


Diciamo "ciao" a Maratea, e ai suoi bizzarri negozi, in cui, inaspettatamente, è possibile imbattersi in prodotti non proprio post-moderni, come nel tabacchi del centro storico, gestito da un'anziana signora alquanto bizzarra ma gentile, dato che ci ha permesso di fotografare le sue "antichità" (da notare il prezzo espresso in lire).


Diciamo "ciao" a Maratea, al suo mare, ovviamente, ma anche ai colori e ai profumi inebrianti che intridono ogni cosa, tra ginestre, fiordalisi, orchidee, cespugli di ginepro, erica, finocchio, mirto, fichi d'india e pini...




Diciamo "ciao" a Maratea, città dalle 44 chiese. Ma sono davvero 44? Alzi la mano (o posti un commento) chi le ha visitate tutte!!!



Diciamo "ciao" a Maratea e al suo porto, che non ha nulla da invidiare a posti più "blasonati" come Portofino. Da qui si parte, armati di barca o gommone, alla conquista di calette, acque incontaminate e magari alla volta dell'Isola di Santo Ianni, che fu anche tappa del viaggio di ritorno a Itaca di Ulisse... almeno così narra la tradizione.




Diciamo "ciao" a Maratea by night, che magari non spicca per una movimentata vita notturna, ma offre scorci suggestivi e dedali di stradine intricate, dove sovente ci si imbatte in merenderie, scoiattoli, bocconotti e purtroppo qualche zanzara di troppo.



lunedì 23 luglio 2012

Anche questa è Maratea :-(


La Maratea del "Santa"...








....e quella della spazzatura... ma una via di mezzo non c'è?


Da una parte il lusso sfrenato, dall'altra le "favelas" trascurate da tutto e da tutti. Perché nessuno fa niente per migliorare questa situazione? Che cosa c'è sotto???
Perché la regione Basilicata fa di tutto per far fuggire i giovani, invece di incoraggiarli nelle loro iniziative? Che cosa ne sarà di questi luoghi tra qualche decennio, quando lo spopolamento sarà inevitabile? Come mai i quotidiani asseriscono che Maratea sia la località di villeggiatura ideale per le famiglie e i bambini, quando è risaputo che i servizi offerti sono scarsissimi, specie per i più piccoli? I commercianti abbassano la testa, sconfitti, oppure chiudono i battenti. Intanto qualcuno prova a non arrendersi, come il San Bacco, locale di Fiumicello, che ieri sera ha organizzato una serata karaoke, ma con scarso successo, dato l'esiguo numero dei partecipanti. Peccato, perché era una bella idea. Peccato, perché Maratea ha bisogno di iniziative come questa.
PECCATO, PERCHE' L'UNICA A CANTARE ERO IO!!



domenica 22 luglio 2012

I soliti marateoti (parte undicesima)

Passando per Trecchina, verso il lago
Che cosa c'è di meglio, alla domenica, di una gita fuori porta, lontano dalle affollate spiaggie marateote?
Il Lago Sirino, ciò che resta di un antico lago preistorico, è una meta abbastanza interessante!
Lo specchio d'acqua non è certamente di vaste dimensioni e anche il vicino centro, Nemoli, è poco conosciuto... ma occorre dire che questi posti sono davvero tenuti bene e valorizzati, per non parlare del tranquillo paesaggio montano circostante (il lago prende appunto il nome dal monte Sirino).



Sia all'andata che al ritorno, suggerisco di fare tappa a Trecchina. Avevo già citato questo paese per via di alcune specialità gastronomiche da ricordare: il gelato alla castagna e il pane tipico.
Un'altra caratteristica riguarda invece gli abitanti del luogo, che parlano il galloitalico, lingua legata alle migrazioni dal nord.




Forse per questo motivo il nostro cicerone trecchinese, una simpatica signora di mezza età, ci ha invitato ad assaggiare il gelato artigianale dicendo "qui fanno i gelati artificiali, pure i germanesi ce li invidiano!" ???
No, mi sa che il galoitalico è un'altra cosa...