mercoledì 25 aprile 2012

CATANIA 2012: LA RELAZIONCINA!!




Un’esperienza unica per la seconda media: le Olimpiadi della grammatica!


GUADA SOLO CHI OSA FARLO

Raccontiamo l’avventura catanese di Silvia G., Silvia L., Camilla, Martina e dei loro impareggiabili accompagnatori…



21 aprile 2012: LA CASSA COMUNE

Quel gran genio del mio amico, lui saprebbe cosa fare: con un cacciavite in mano fa miracoli… qualcuno canticchia sconsolato all’alba presso l’imbarco di Malpensa. E non a torto, perché l’aereo diretto a Catania è guasto, l’orario d’imbarco slitta spaventosamente e io, in compagnia delle mie petulanti allieve, comprendo che la sveglia alle 04.00 del mattino, con tanto di schiamazzi notturni delle ragazze sotto casa di Martina, è stata inutile. Per fortuna con noi ci sono anche Edoardo e sua mamma Emma, i quali già fiutano un ritardo di quelli “pesanti”… chissà chi sta congiurando contro di noi?? Forse l’hostess bionda della easyjet, presa subito in antipatia da Martina per il suo strafottente… spalleggiare? O chissà, magari Astrea!?

Quel che è certo è che la nostra non è una semplice gita in una delle regioni più suggestive d’Italia: siamo diretti a Catania per disputare le Olimpiadi di grammatica, dopo aver superato la fase provinciale e quella regionale, a coronamento di un anno di duro lavoro. Le alunne prescelte sono Silvia L., Silvia G., Camilla e Martina, mentre Edoardo è il “quinto elemento” della squadra.

Quanto a me, sono orgogliosa di portare i ragazzi alle semifinali per il secondo anno consecutivo e me la tiro non poco, anche perché sono stata designata tra gli arbitri dell’evento: mi sento un po’ Collina, però con più capelli.

Per farla breve arriviamo a Catania con due ore di ritardo, giusto in tempo per incontrare la nostra super guida Francesca: l’incontro è memorabile perché noi siamo in tenuta da spiaggia e lei col cappotto, dato che fino al giorno prima il clima era freddo… ma le ragazze sono straconvinte del loro abbigliamento perché in Sicilia deve fare caldo!! Infatti il pomeriggio si preannuncia soleggiato e così andiamo a pranzare presso la spiaggia dei Licuti, che in siciliano significa “massi”, dove Martina dimostra subito la sua agilità nel saltare da uno scoglio all’altro: ogni movimento una tragedia!!

Anche le Silvie e Camilla non ci mettono molto per farsi riconoscere: al ristorante ordinano cotolette alla milanese, suscitando l’indignazione di tutti. Come se non bastasse, hanno scordato i soldi in hotel e deve pagare… la cassa comune, cioè i soldi che avevo scelto di destinare alle escursioni ed emergenze!

Meno male che la pasta alla norma di Edo e la mia granita mandorla e cioccolato accompagnata da una brioche titanica non deludono le attese, e dunque apprendo l’arte di intingere il dolce “co toppu” nella granita.

«Prof., ora abbiamo capito perché insisteva tanto con la grammatica», puntualizza Silvia L., prima di distruggersi i piedi, duramente provati dalle ballerine… e meno male che avevo raccomandato scarpe comode per andare sugli scogli!

Insomma, nell’animatissima via Etnea, la strada della moda che arriva fino all’Etna, ci tocca fare tappa da Calzedonia trascinandoci la fanciulla dolorante… tanto c’è la cassa comune!



Oltre ai negozi, in via Etnea sorge uno dei giardini pubblici più interessanti d’Europa: si tratta di villa Bellini, un polmone verde… inaspettato in pieno centro storico! Percorriamo il parco, meravigliandoci soprattutto per la quantità di piante e alberi tropicali, le collinette, il labirinto e la storia del principe Biscari, l’antico proprietario di questa magnificenza.

È poi la volta delle chiese dedicate alla patrona della città: S. Agata la Vetere, la prima cattedrale della città, S. Agata al Carcere e alla Fornace. Qui, oltre al tripudio dei diversi stili architettonici che testimoniano la multiculturalità della storia catanese (su tutti il spicca il barocco siciliano), io, Emma ed Edoardo siamo colpiti dagli attacchi di panico delle ragazze ogni volta che si tratta di entrare in una cripta!

A proposito di S. Agata, invece, già conosciamo la vicenda del suo martirio, dovuto secondo la leggenda a un amore non corrisposto. Siamo un po’ delusi quando scopriamo che furono in realtà motivi finanziari a spingere il suo persecutore a martirizzarla. A ogni modo, dopo queste visite le fanciulle iniziano a manifestare i primi segni di cedimento, e neppure Francesca è in grado di sopportarle ulteriormente.

Morale della favola: salutiamo la nostra guida e rientriamo in hotel, il solito Camplus Foresteria Aragona dell’anno scorso, dove ormai io sono di casa!!

L’obiettivo è molto semplice: rinfrescarsi e partire alla volta di piazza Duomo per cenare e toccare l’elefante, simbolo della città e di buon auspicio.

«Abbiamo toccato l’elefante sbagliato, però la pizza era buona» commenta Silvia L. dopo cena in un posto simpatico dal nome “La collegiata”. Qui scopriamo che ci saremmo dovuti arrampicare sulla statua al centro della piazza invece di calpestare violentemente l’elefante-rasoterra posto sulla strada. Ma si sa, siamo milanesi, e se il toro della galleria di corso Vittorio Emanuele avesse le pa... role, chissà quante ne direbbe!

Sinceramente non ce ne curiamo: siamo al mare, beate noi[1]!



22 aprile 2012: NEI PEGGIORI BAR DI CATANIA

Sveglia! La Sarcuno non attende nessuno, pregustando il cornetto col cappuccio e soprattutto l’escursione della giornata: Taormina.

Il viaggio in pullman dura circa un’ora e ci permette di effettuare un piccolo ripasso grammaticale, ma poi dobbiamo smettere perché il mare più bello della Sicilia… incombe!

Giunti a Taormina, io, Emma ed Edo rimaniamo a bocca aperta per il panorama mozzafiato, il mare trasparente incorniciato dalle montagne… sembra una terrazza sull’infinito! Le ragazze, invece, restano senza fiato di fronte a bancarelle e negozi tipicamente siciliani: Camomilla Milano, Motivi, Benetton…

Come zecche dal pelo di un cane, le stacco faticosamente dallo shopping per andare a prendere la funivia che ci porterà in spiaggia. Da lì è possibile ammirare un paesaggio spettacolare, l’Isola Bella, le magnifiche insenature della costa, un campo di calcio (osservazione di Edoardo), nonché ascoltare le profezie di Martina, la quale vaticina un gran numero di disgrazie, come il blocco della funivia e un imminente terremoto.

Sta di fatto che giungiamo in spiaggia, e stavolta si fa sul serio. Caldo e sole lasciano intravedere la possibilità di un bagno, ma quando io ed Edoardo ci avviciniamo alla riva, contiamo almeno 16 meduse, e iniziamo a disquisire domandandoci se siano vive o morte, rinunciando al tuffo in mare.

Dopo una buona mezzora di relax, Francesca ci propone di visitare l’Isola Bella: per raggiungerla è sufficiente guadare un tratto di mare (l’acqua non arriva neanche alla vita) fino a raggiungere la caletta. Un gioco da ragazzi per me, Emma e Edoardo. Anche Camilla, dopo qualche esitazione iniziale, arriva senza problemi dall’altra parte.

Però ci guardiamo indietro e… mancano le altre!

Le ragazze sono rimaste sull’altra sponda, in preda a un nuovo attacco di panico perché sono convinte che annegheranno e che le meduse infestino il tratto di mare da percorrere. Armata di santa pazienza, Francesca torna indietro a prenderle, conducendole mano nella mano, rassicurando Martina e calmando le rumorose Silvie.

Tutti pronti per l’Isola Bella? Ci guardiamo indietro e… le due Silvie non ci sono: sono tornate indietro perché hanno dimenticato soldi e cellulari sull’altra sponda! Tra un gridolino e qualche altro momento di terrore, si rimettono a guadare verso di noi, quando ecco che scatta il dramma: Silvia G. cade in mare con cellulare e fotocamera, ma alla fine arriva anche lei.

Allora, possiamo iniziare a vedere l’Isola Bella? Ci guardiamo indietro e manca Camilla: toh, ha dimenticato le scarpe sugli scogli.

Un andirivieni così non si era mai visto all’Isola Bella!

Insomma, alla fine ci siamo arresi e abbiamo visitato l’Isola Bella senza le ragazze. Peccato, perché il nome “Isola Bella” è un… eufemismo: l’isola è a dir poco stupenda. Un vero e proprio monumento naturale, un intrico di piante, alberi e fiori più o meno rari. Un posto da non perdere, dunque… vero, ragazze?

Le fanciulle non rispondono e anzi mi tengono il muso anche durante il pranzo, un po’ seccate per l’avventura del guado. D’altronde… guada solo chi osa farlo, giusto? E allora per tirarle su di morale prometto un po’ di shopping dopo la visita del centro storico. Intanto godiamoci questo pranzo a base di ottimi arancini, panini e patatine.



Ma i guai non sono ancora finiti: Silvia L. bagna la sua borsa perché la bottiglietta d’acqua è chiusa male: il risultato è un vero e proprio allagamento, con tanto di banconote da far asciugare al sole. Che cos’altro ci attende?

Intanto è la volta del teatro greco, un luogo dove natura e arte si fondono in un’armonia tale da lambire il sublime. Siamo in un luogo antichissimo, che ispira eloquenza e solennità, indecisi se ammirare il mar Ionio o l’Etna sullo sfondo. La storia di questo posto è affascinante: i greci hanno scelto appositamente il sito per la presenza del pendio, per l’acustica perfetta ma anche perché si sentivano a casa, dato che le fattezze del paesaggio riecheggiano quello ellenico; i romani hanno operato alcune modifiche all’aspetto originario del teatro e ancora oggi qui si svolgono concerti ed eventi.

Le ragazze, tuttavia, non vedono l’ora di dedicarsi alle compere, e così le accontentiamo, non senza ammirare il centro storico di Taormina, molto caratteristico ed elegante e soprattutto dopo una tappa obbligata: il Bam Bar, luogo ideale per una granita!

Il viaggio di ritorno a Catania è leggermente movimentato per via di alcuni adolescenti siracusani, ribattezzati “ragazzini generali” (per non usare epiteti più espressivi), che vorrebbero prendersi gioco di noi… meno male che c’è Martina a tener testa a tutti loro, con il suo tipico “spalleggiare”! Altro che bionda della Malpensa! E poi noi abbiamo Abercrombie!

Comunque sta di fatto che al ritorno da Taormina siamo stanchi e affamati. Prima di congedarsi da noi Francesca ci consiglia un locale per la cena, perciò dopo una tappa obbligata in hotel ci avviamo in centro. Purtroppo però ci perdiamo più volte, rigiriamo su noi stessi per poi capitare… «nei peggiori bar di Caracas, dove bevono il Pampero!» gridano le femmine in preda al panico. In effetti la zona non promette benissimo, noi stiamo svenendo dalla fame e perciò ripieghiamo su un ristorante vicino a quello della sera precedente, che si chiama allo stesso modo: “La collegiata.”

Prima del pasto, siamo in evidente stato confusionale e io temo addirittura di aver smarrito il senno, come Orlando. Lo ritrovo non sulla luna grazie ad Astolfo, ma dentro un buon piatto di penne al salmone, mentre il rum mixato nei peggiori bar di Caracas incombe sempre su di noi, ma non lo beviamo!

Al ritorno in hotel, ci attende una sorpresa: la squadra della Calabria è nella hall, appena arrivata a Catania e composta da un numero spropositato di gente: cinque alunni, due mamme, due insegnanti e, con enorme invidia da parte della prof. Sarcuno, una segretaria che si occupa esclusivamente della cassa comune!!

Sin dall’inizio i calabresi sono molto gentili con noi, tanto che ci offrono un passaggio sul loro pulmino per l’indomani (ma noi decliniamo l’invito) e il loro prof. attacca bottone con me, quando io vorrei solo andare a dormire.

Le ragazze, dopo questo incontro, cadono nuovamente in preda al panico e appena giungiamo al piano delle nostre stanze, iniziano a passeggiare nervosamente su e giù; Martina, inoltre, mi mette in guardia, preoccupatissima: «Prof., questi qui ci stanno provando: non si faccia abbindolare!!»

Ma guarda un po’, vi sembro il tipo che si fa abbindolare??

E tutti: sìììììììììììì!



23 aprile 2012: PER ASPERA AD ASTRA

Ore 06.30: sveglio tutto il piano con poderosi pugni alle porte delle stanze delle ragazze e mi trovo di fronte a uno spettacolo disdicevole, poiché tutte e quattro si sono rintanate in un’unica stanza, dove caos e vestiti ammucchiati ovunque regnano sovrani.

«Ragazze, entro mezzora dovete essere giù, lavate, vestite, con il materiale per la gara, i bagagli fatti e pronte per la colazione» annuncio con aria rassegnata alle sbadiglianti.

Non so come, ma arriviamo puntuali all’appuntamento con il tassista che ci scarrozza alla cittadella universitaria di Catania, dove si svolgono le gare: per chi non l’avesse capito, questo è giorno delle Olimpiadi di grammatica!

I ragazzi sono molto agitati, soprattutto mano a mano che vedono arrivare tutte le altre squadre. Martina è la più agguerrita: «Adesso vado dagli avversari a fare amicizzzzzzia» sentenzia, con parecchie “zeta” e un sorriso tutt’altro che amorevole.

Alle 09.00 si comincia: i nostri ragazzi affrontano diverse squadre, tra le quali la Campania e la Sicilia, mentre io arbitro un’altra sfida.

La competizione volge subito a sfavore di Edo e compagne, bloccati dalla casella “giornata della creatività”, ma poi i ragazzi riescono a riprendersi ottimamente, superando Sicilia e Toscana e piazzandosi a un passo dai campani… peccato che proprio allo scadere dell’ora e mezza di gioco si imbattano in una casella che li fa retrocedere di non so quanti numeri… la finale e il terzo posto sfumano, per un soffio.

Per di più i ragazzi hanno anche qualcosa da ridire sull’arbitraggio, ma non voglio entrare nel merito: quante volte capita nello sport come nella vita di giocare una grande partita, di impegnarsi per raggiungere un obiettivo, di metterci il cuore insomma… poi un rigore non concesso, un contropiede, un ostacolo imprevisto impediscono di avere la meglio, ma quello che conta è averci creduto, aver inseguito i propri sogni trovando il coraggio di mettersi in viaggio, anche quando sembra di avere il mondo contro. La vera vittoria è crescere nel rispetto di se stessi e degli altri… peccato che questi discorsi servano a poco subito dopo la semifinale, perché le ragazze sono inconsolabili, soprattutto Martina, la quale non ha in gran simpatia le finaliste della Campania! Dopo pranzo, infatti, assiste alle finali gufando a più non posso contro di loro e non riesce a trattenere la sua gioia quando le partenopee vengono sconfitte. Nel frattempo noi ce la prendiamo comoda: una passeggiata nel campus, tanto sole e una partita di calcio nel campetto dell’università.


Prima della premiazione vengo addirittura intervistata da una tv locale e mi dilungo paurosamente davanti alle telecamere raccontando per filo e per segno questa bellissima esperienza, sotto gli occhi sbalorditi degli organizzatori: wow, è nata una star!

Poi, il momento della gloria per tutti: quando la Lombardia viene chiamata sul palco per ritirare la targa e le medaglie, uno scroscio di applausi fa tremare la cittadella universitaria. In più il presidente del comitato olimpico fa notare allegramente che durante le gare si sentiva solo la mia voce e mi ringrazia per la bella pubblicità televisiva.

I ragazzi finalmente sorridono e io domando: ma veramente facevo così casino mentre arbitravo? E loro ovviamente confermano.

Ennesimo colpo di scena: nella cittadella universitaria spunta Francesca! L’abbiamo tirata scema per due giorni, ma evidentemente si è affezionata e sotto sotto ha fatto il tifo per noi! La salutiamo per davvero, prima di ripartire sul solito taxi, ma siamo certi che non sarà un addio.



Prima di prendere l’aereo abbiamo un po’ di tempo da trascorrere in hotel: possiamo andare in bagno, mangiare, guardare la tv, usare internet e dedicarci ad altre attività; le Silvie e Martina purtroppo optano per la palestra, a mia insaputa. Quando riesco a scovarle nella sala attrezzi, mi trovo di fronte a uno spettacolo raccapricciante: Silvia G. quasi risucchiata dal tapis roulant, Silvia L. ai pesi e Martina che salta come una pazza sulla palla del pilates gridando: «Mi faccio i muscoli, mi faccio i muscoli!»

Dopo aver prelevato le scimmie urlatrici dal locale adibito all’esercizio fisico, è ora di andare. Il taxi è sempre il solito, ma con un amico in più: il figlio dell’autista, un dolcissimo bimbo di pochi mesi che durante tutto il tragitto fino all’aeroporto ci osserva perplesso (giustamente).

All’aeroporto viviamo un imprevisto dopo l’altro: prima Silvia G. perde i documenti e per recuperarli è costretta ad aprire la valigia, che emana un odore ributtante, dati i vestiti bagnati del giorno prima; poi io vengo fermata dalla polizia per una pericolosa bottiglietta d’acqua, per concludere la partenza dell’aereo subisce l’ormai consueto ritardo di due ore, ciò vuol dire che arriveremo a casa dopo le 02.00 di notte!

Poco dopo il decollo, manco a dirlo, crolliamo tutti, tranne Edo, in un sonno profondo. E meno male, altrimenti lo spavento sarebbe stato pazzesco! Durante il volo, infatti, ci sono stati alcuni problemi, è scattato l’allarme, ma per fortuna si è risolto tutto, come poi ha annunciato lo stesso pilota, invitando i passeggeri a mantenere la calma.

Noi non ci siamo accorte di niente, soltanto Edoardo ha sentito il pilota che diceva pressappoco così: «Ci scusiamo per l’accaduto, ma ci sono stati dei problemi che sono stati risolti e per questo abbiamo dovuto dare l’allarme. È da oggi pomeriggio che sussistono difficoltà, questo è il mio ultimo volo della giornata e tra circa mezzora è previsto l’atterraggio. Voglio ringraziarvi per la pazienza che avete dimostrato.»

Nulla di terribile, insomma. Peccato che io stessi dormendo e il mio inconscio abbia elaborato le cose un po’ diversamente: tanto per cominciare stavamo precipitando e il pilota parlava così: «Questo è il mio ultimo volo. Con le forze che mi restano, voglio deporre un uovo [2] .»

Potere della mente… mah! Chissà che cos’è successo veramente, fuori e dentro di noi. Di sicuro l’aereo non è andato giù e dagli oblò, oltre all’Etna in eruzione, si vedevano le stelle: un po’ come nella Divina Commedia, penso che sia bello finire il racconto di questo viaggio con la visione degli astri.

D’altronde si dice per aspera ad astra, che vuol dire “attraverso le asperità alle stelle”, cioè significa che la via che porta alle cose eccelse è irta di ostacoli. Ma noi siamo qui per superarli, e comunque con le ultime forze che mi restano… voglio bere un Pampero!

[1] Motivo inventato e canticchiato in questi giorni da tutti noi, sulle note di Siamo gatti di Samuele Bersani
[2] Questa è una battuta tratta dallo spettacolo La gabbianella e il gatto, che i ragazzi di seconda stanno preparando nell’ambito del laboratorio teatrale.
a presto, Catania!