sabato 20 dicembre 2008

Buon Natale!!!


Buone feste a tutti! Un augurio affinché il Natale possa rinnovarsi ogni giorno nel vostro cuore e il 2009 possa essere ricco di momenti felici!
Faby

sabato 6 dicembre 2008

Le relazioncine storiche: Padova 2001!!

Novembre 2001
Gita a Padova, perché Giotto è sempre Giotto…

TROPPA GRAZIA, S. ANTONIO!!

Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori[1]… mi attendono alla stazione centrale di Milano, davanti alla fontana invisibile e introvabile, la mattina del 26 novembre 2001, alle ore 6.45. Invece mi trovo di fronte a una congrega di candide matricole… si, insomma quelli delle lauree triennali, paghi tre e prendi due! Timidamente, ma con tono autoritario (perché esigo rispetto da gente di cotal guisa), mi rivolgo a loro, per assicurarmi che appartengano alla comitiva – Flores.
«Certamente!» rispondono, con le loro voci cinguettanti, ancora impregnate di tesina e terza prova. Quindi seguitano a discutere fra loro di crediti e debiti. Poverini! Ne hanno già così tanti alla loro età?
Intanto il gruppo si arricchisce di nuovi elementi: arriva Elena, poi Fabio, qualche vecchietto, quelli della scuola di specializzazione, e infine Silvia. Si tratta della sua prima gita in seguito alla conversione al buddismo cataro: chissà che non sia colta da qualche crisi mistica, vagabondando su e giù per chiese e cappelle…
Finalmente il furher Martino[2] compie la sua entrata trionfale, scortato dai suoi uomini. È stato programmato per condurci a Padova. È la sua missione.
Immediatamente prende pieno possesso della situazione, ergendosi, come un Cristo in mandorla, sopra la massa informe di matricole, sopra gli studenti di specializzazione, sopra di noi. Detta i suoi comandi, impartisce ordini, riesce a sedare ogni tipo di opposizione sul nascere. Pretende l’assoluto silenzio. In questo modo organizza la disposizione dei deportat… delle persone sui diversi vagoni del treno, e decide di relegarmi in quello delle matricole, separandomi così dal resto del gruppo.
«Non potrei sedermi insieme alle mie amiche?» protesto ingenuamente, suscitando l’ira del dittatore, che mi fissa con il suo sguardo pietrificante, intimandomi, dal profondo gelo degli occhi, di tacere.
Sono dunque costretta a cedere, e, terrorizzata e atterrita, mi precipito nel vagone carico di matricole, mentre gli altri sono dilaniati dalla nostalgia, dall’altra parte del treno.
I ragazzi - benetton (definiti in questo modo per via della loro età, zero – dodici) mi parlano, con voce tenera e fresca, ponendomi questioni come: ma che cos’è una biennalizzazione? Come ci si iscrive agli esami? È importante seguire teologia?
Sfinita dai vani tentativi di esporre alcune fondamentali caratteristiche del mondo universitario, cerco rifugio in un sonnellino, eppure non riesco a cessare di ascoltare quelle voci. Devo ricredermi: talvolta, questi ragazzi, che fino a ieri copiavano i compiti di matematica prima dell’inizio delle lezioni, riescono a stupirmi portando a compimento alcuni ragionamenti non privi d’arguzia come: «ma io l’esame di letteratura italiana penso proprio di dividerlo in due parti[3]».
Appena il treno giunge a Padova, abbandono le mie matricole e raggiungo le solite vecchie canaglie: insieme ci immergiamo nella cappella Scrovegni, riempendoci gli occhi di Giotto. Dato che il celebre luogo sta attraversando una fase di restaurazione, possiamo avvalerci delle impalcature per osservare da vicino i capolavori dell’artista trecentesco.
È vero, la cappella Scrovegni è irriconoscibile nel suo aspetto “operaio”, tuttavia è un’emozione unica, accessibile a pochi, ammirare a distanza ravvicinata le opere di Giotto, che in condizioni normali non avremmo potuto vedere così dettagliatamente. L’unica nota di sconcerto è data dalla presenza delle impalcature, malferme e traballanti, che miracolosamente riescono a sopportare il nostro peso, e anche quello della Flores.
Non appena termina la nostra visita alla celebre cappella, ci precipitiamo nel parco più vicino per pranzare, e quindi è la volta della chiesa degli Eremitani, dove la Flores ci inquieta con una delle sue caratteristiche più disarmanti e meno note: l’umorismo macabro alla Dylan Dog. La sarcastica donna, infatti, rileva come le statue di un sarcofago sembrino vive, sebbene rappresentino dei morti. Ride da sola. Siamo ancora in preda allo sconcerto.
Sarcofagi a parte, nella chiesa ci imbattiamo anche in alcune opere di Altichiero, uno dei discepoli di Giotto, prima di dirigerci verso l’incantevole chiesa di S. Antonio. Invece di soffermarci ampiamente sui numerosi capolavori, come la deposizione di Donatello, siamo come rapite dagli ex voto che sono ovunque. Elena, in particolare, prega intensamente davanti a questi. «Certo che ne ha fatte tante di grazie!»
La stessa fanciulla, poco dopo, riesce a meravigliare l’intera compagnia, riuscendo a datare quasi a occhi chiusi un monumento del Trecento, che rappresentava due angeli straziati.
Il nostro tour, rapido ma denso, si conclude con la visita al battistero, affrescato da Giusto de’ Menabuoi, un altro della combriccola di Giotto, o meglio del suo entourage. Dopodiché abbandoniamo Padova, rivolgendole l’ultimo malinconico saluto dalla stazione. Ma stavolta, sul treno non sorgono problemi riguardanti le divisioni e gli scompartimenti: nessuno, ti giuro, nessuno, nemmeno il Martino ci può separare, anche perché molte delle matricole si sono date alla macchia, essendo partite con il treno precedente, forse perché temevano di perdersi l’episodio dei Pokemon.
E, finalmente, proprio sul treno del ritorno, si compie l’agognato miracolo: l’eletta è Elena, che misteriosamente scampa a un’enorme e pesante valigia, che le stava precipitando sulla testa con inesorabile potenza. E pensare che ho visto tutta la sua vita passarmi davanti! È stato uno spreco di immagini…
Comunque io ritengo che vi sia anche lo zampino della Flores, la quale protegge perennemente i suoi studenti, anche a distanza, soprattutto quando questi mostrano devozione per la sua città natale.Padua me genit[4], un giorno si dirà.
[1] Omaggio all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto
[2] Uno studente dell’ultimo anno, adulatore impenitente della prof. Flores d’Arcais, come del resto di tutti i professori.
[3] È obbligatorio sostenere l’esame di Letteratura Italiana in due parti
[4] Omaggio alla prof. Flores d’Arcais, originaria di Padova

Le relazioncine storiche: Assisi 2000!!!

Maggio 2000
Assisi… dove il tempo si è fermato, dove la predica agli uccelli è sostituita dalla caccia alle zanzare entrate in stanza… dove gli autisti si sfilano i calzari e gridano…

BALORDA!!! (RESOCONTO DI UN VIAGGIO AD ASSISI)

Il 17, 18 e 19 si andrà ad Assisi… tra il 16 e il 20 maggio saremo nella basilica di S. Francesco… passeremo lì due giorni… trascorreremo tre giorni in Umbria… si tratta di un venerdì, un sabato e una domenica… forse addirittura giovedì! Sono queste le vaghe informazioni della professoressa di arte medievale Francesca Flores d’Arcais, detta anche Fra Fra o semplicemente Flo Flo, per gli studenti più intimi, come me, del resto.
E allora, quando si parte per Assisi?? Nessuno lo ha ben capito, ma fortunatamente vari studenti decidono per caso di trovarsi verso le otto del mattino di giovedì 18 davanti alla Santa Sede dell’università Cattolica[1], e, ironia della sorte, appare anche lo scalcinato pullman destinato ad accompagnarli, con il rispettivo autista, giunto direttamente da Bergamo alta, ma che dico alta… altissima! Con l’occhio un poco spento e le fibbie delle scarpe sciolte per far arieggiare i piedi, si dirige verso la vettura: guiderà in queste condizioni sino alla fine del viaggio, esclamando «pota, pota» di tanto in tanto.
Il peggio sembra essere passato, quando fa la sua comparsa anche la vera protagonista del viaggio: la nostra Flores!
La donna incede maestosamente, gettando tutti nella delusione più completa, dato che il suo abbigliamento non è completato dal suggestivo cappotto - tavola da biliardo verde, quello che sfoggiava a lezione, detto anche “viva la carambola”, dagli studenti più spacconi, come, del resto, anche me.
Pertanto il suo passaggio è accompagnato da un «oooohhh» di disappunto da tutti coloro che già si erano organizzati portando le stecche, le palline, il gesso e, perché no, una bottiglia di whisky da consumarsi preferibilmente dopo le sconfitte.
Il viaggio sembra tranquillo: l’autista si permette anche un panino con la pancetta, lo offre alla Flores, che sorridendo accetta; quando, all’autogrill, la pace di questi ragazzi è turbata da un folto gruppo di carabinieri, poliziotti armati fino al collo che perlustrano la zona. È meglio allontanarsi rapidamente e riprendere il lungo tragitto… intanto emergono già i personaggi più clamorosi di questa gita: c’è Enza detta Piera, o Piera detta Enza, Pienza, per assimilazione, studentessa al diciottesimo anno fuori corso, impegnata tenacemente in numerose attività come: perforazione delle schiene altrui attraverso un fastidiosissimo picchettare, facciamo impazzire la gente di giorno, facciamo impazzire la gente di notte, alitiamo a volontà, facciamo la doccia nelle stanze altrui senza chiedere il permesso… e altro ancora.
Poi c’è il gruppo degli “specializzandi” in arte, un élite di ragazzi colti, coltissimi, eruditi, capeggiati dalla “Miss specis specis so tutto di più”, che non si stanca mai di ostentare il suo sapere.
Chiude la serie l’assistente Terzaghi, detta anche “mitico Antelami” o “mitico Donatello”, che a Perugia, dove ha luogo la prima tappa del nostro calvario… ehm… viaggio, riesce anche a far colpo su due vitelloni del luogo.
Proprio in questa città purtroppo è stata costruita una fontana di inestimabile valore artistico: quella dei fratelli Nico e Giovi Pisano. Poiché «fortunatamente non si paga il biglietto per vedere la fontana di piazza» (parole testuali dell’amica Flo Flo), una ragazza molto specializzanda decide di trasmettere agli altri tutte le sue sterminate conoscenze sul monumento, coinvolgendoli in una via crucis lunga quasi 2 ore, che prevede 13 giri attorno alla fontana in questione, soffermandosi su ogni minimo particolare storico, artistico, filosofico, simbolico e letterario, sotto il sole cocente del pomeriggio. E quando il tour sembra essere finito, il sollievo cede il passo alla disillusione: «passiamo ora all’analisi della parte superiore»… e via! Inizia un altro giro, più lento e inesorabile di quello precedente. Gli studenti del primo anno sono esausti e arrabbiati, e si trovano di fronte a due possibilità: o buttarmi nella fontana (chissà perché… io cercavo di tirarli su di morale), o approfittare delle numerose distrazioni della Flores per fare i turisti per caso e, perché no, mangiare un gelato. Scartata la prima ipotesi, molti si dirigono presso la gelateria più vicina, abbandonando così Fra Fra e la ragazza erudita impegnata a esporre, detta Cra Cra (perché si stagliava come un rospo sullo sfondo della fontana).
Finalmente, in seguito alla visita al palazzo del Cambio e al museo di Perugia, gli imperituri protagonisti della gita salgono nuovamente sul pullman per dirigersi ad Assisi, dove li attende un albergo molto particolare: la reception (con ristorante annesso) dista 500 metri di salita fra le strade di Assisi (che guarda caso deriva dalla parola “Ascesi”) dalle loro stanze, collocate in questa sede distaccata e… sfortunata!
Ma non importa! È giunto il momento della cena e gli studiosi non vedono l’ora di mettere a tacere il loro appetito… non potevano farlo meglio… con una pastasciutta veramente ambigua, intrisa di olio, da consumarsi preferibilmente entro giugno… di qualche anno fa.
Concluso in qualche modo il pasto, ai nostri eroi non resta che riposare prima del secondo, terrificante giorno in cui si chiuderanno nella basilica di S. Francesco… per non uscirne più…
Tanto per cominciare, la Flores ritiene opportuno trascorrere tutta la mattinata, dalle nove a mezzodì, nella basilica inferiore, che non è oggetto del corso monografico! E così, tra calci e pugni a turisti stranieri, rimproveri più o meno assillanti da parte delle guardie e di qualche fraticello, non ci si poteva non imbattere nel grande capo della ristrutturazione della basilica, che spiega ai giovani, più o meno aspiranti restauratori, il suo lavoro, parlando anche con scioltezza della sua disavventura durante il terremoto, che l’ha visto intrappolato sotto le preziose macerie: «ma» afferma «si vede che non era ancora la mia ora…», e con la medesima naturalezza prosegue la sua lunga dissertazione, lasciando tutti senza pranzo…
Nel pomeriggio la visita prosegue al laboratorio dei frammenti e alla basilica superiore, che finalmente i simpatici alunni possono vedere dal vivo, e non nelle foto in bianco e nero della diapositive della Flores, deleterie e criminali.
Al ritorno in albergo, in seguito a un edificante incontro con un gatto diabetico, e per giunta con la temibile Piera, dopo il riposo e la cena, alcuni confabulano sul da farsi per la sera, e, alla fine, la decisione non può essere che una: tornare alla basilica per godersela anche by night! Ovviamente, c’è lo zampino della Flores, e, pertanto, qualche ignoto, vagamente nauseato, decide di tornare indietro all’albergo per impegnarsi a fondo in varie attività, come: mangiamo sul letto di Fabiana, sbricioliamo sul letto di Fabiana, e altro ancora.
Scattano inoltre giochi intelligenti del tipo: obbligo verità, nella variante che costringe la malcapitata (ahimè) a bere del succo alla fragola, e, dato che il sapore della bevanda in questione non è dei migliori, affiorano numerosi particolari succosi che nessuno si sarebbe mai aspettato: in succo veritas.
E finalmente il giorno seguente, sabato, si torna a casa. Abbandonati dalla piccola Flo e dalle amiche specializzande, che tornano in treno, in seguito a una breve pausa alla Porziuncola, presa d’assalto da carabinieri e poliziotti armati fino al collo, provenienti da tutta Italia (che turbano nuovamente la pace dei ragazzi), i nostri eroi restano soli in balia dell’autista, soprannominato pancettomane, o più brevemente puncettone, che si diletta a insultare Anissa, una ragazza della comitiva, chiamandola “balorda”, perché rea di preferire Cadorna a S. Ambrogio.
Peggio di così non può andare? Non ne sarei tanto sicura, dato che il momento-brivido del viaggio viene lambito quando l’autista scopre che la parte posteriore del pullman sta andando in fumo, e decide di fermarsi in un luogo sicuro: a ridosso di una profonda scarpata, che sembra quasi dire ai poveri passeggeri «ehi… guarda un po’ giù!!!». Tutti si alzano in piedi, vogliono scendere, abbandonare la vettura al più presto, ma, dato che ciò non è possibile, si accontentano di camminare da una parte all’altra del pullman, facendolo dondolare, in una situazione già abbastanza precaria.
Ma il pseudo-autista decide di prendere in mano la situazione, e cambiare l’acqua del radiatore, avendo capito di aver infierito a sufficienza sui viandanti…Tutti, quindi, fanno ritorno a casa sani e salvi, felici e contenti, ognuno coi propri pensieri, magari rivolti all’esame su tutta questa visita, in particolare gli studenti più diligenti, come, del resto, certamente… non me, e chiunque scriva altre malignità sulla storia dell’arte e i suoi professori!
[1] Espressione usata per designare la sede centrale dell’università