domenica 28 aprile 2013

O SIRMIONE! (la relazioncina)



Puntatina in un borgo senza tempo, tra misteri sacri e profani, scalini – Scaligeri e tanto, tanto… relax alle terme. 26 – 27 aprile 2013!

Altro che pioggia dannunziana nel pineto, Ermione e compagnia bella. «Taci» lo direi alle previsioni del tempo, che annunciano acquazzoni e temporali su tutto in Nord Italia proprio nel fine settimana prescelto da me ed Elena per visitare Sirmione e beneficiare delle sue rinomate terme.

Già alla partenza, infatti, nuvoloni neri si addensano sopra il cielo di Milano, pronti a scatenare l’inferno al primo segnale… io arrivo in largo anticipo in stazione all’appuntamento con la Contessa, che si stupisce del fatto e fiuta strani presagi, mentre ci avviamo al binario 17. Destinazione: Desenzano del Garda.

Da lì, con una buona frequenza, partono i pullman per Sirmione, proprio di fronte alla stazione ferroviaria, dove ci imbattiamo in un’attempata signora dell’est (la zona ne è piena zeppa), la quale ripete insistentemente, con spiccato accento russo, «UOMO-UOMO»: a quanto pare, vorrebbe che attaccassimo bottone con il tizio lì vicino in attesa del bus, chissà poi perché!

Il tempo intanto peggiora e mi rendo conto di aver dimenticato l’ombrello a casa: che disastro! Ma nel frattempo arriviamo allo splendido borgo medievale di Sirmione e ci deliziamo con la vista del castello, dei negozietti, delle vie animatissime, che fanno sembrare questo posto un mix tra un villaggio di mare e il centro storico di una piccola città d’Oltralpe.

Giunte all’hotel Meridiana per depositare i bagagli (Elena ha praticamente portato la casa, io uno zaino…), siamo colpite da tre particolari: una targa all’esterno del grazioso albergo che menziona la Venerabile Benedetta Bianchi Porro, la quale visse proprio qui; lo humour inglese dell’albergatore, che sembra inoltre quasi ipnotizzato da Elena, e infine la mia insolita sbadataggine, poiché mi accorgo di non aver portato con me… il pigiama.

Ma dove ho la testa?

Inizia così un giro di perlustrazione tra le vie della città alla disperata ricerca di un pigiama con tutte le caratteristiche da me richieste, per esempio la coulisse (qui non sanno neppure cosa sia), tra l’ironia dei commercianti e le prime gocce di pioggia che ci accarezzano, mentre Elena non fa altro che assaggiare biscotti della zona, gli zaleti, e io invece riesco a rimediare soltanto una maglietta con sopra la scritta “Sirmione lago di Garda”, rassegnandomi al fatto che quella sarà la mia tenuta notturna.



Intanto è già ora di pranzo: l’osteria “Le vecchie mura” è da segnalare per le ottime bruschette e la cortesia del personale.

L’esplorazione di Sirmione prosegue subito dopo: lasciamo il centro storico per dirigerci verso la punta della penisola, alle grotte di Catullo, che non sono facilissime da raggiungere. Una volta entrate in questo sito archeologico risalente all’epoca del cantore di Lesbia, siamo incantate dalle rovine della villa romana, meravigliosamente incorniciate dal Garda, maestoso come il mare.



Ci sono persino le antiche terme, ma… noi ora andiamo a quelle moderne!




Si tratta della tappa successiva del nostro soggiorno, tanto ormai abbiamo digerito le bruschette e siamo certe che l’esperienza delle piscine curative “Aquaria” sia l’ideale per rilassarsi e rigenerarsi al meglio.

Come no! Entriamo nella struttura e alla cassa veniamo minacciate di non perdere il braccialetto che ci viene consegnato, altrimenti sono cento euro di multa; dopodiché ci fanno entrare, mettendoci ansia perché se si sfora rispetto all’orario sono tre euro in più. Come se non bastasse, entriamo nello spogliatoio, che sembra un girone dell’inferno dantesco (sudo ancora al ricordo): un caldo inaudito, una baraonda di persone che si spogliano e non sanno dove andare, nessun assistente e una corsa senza pietà per accaparrarsi gli accappatoi e la cuffia; in più una ragazza mi chiede se voglio essere sua amica e, una volta in costume, eccoci catapultate verso dei diabolici armadietti dove devi memorizzare il tuo numero se non vuoi perdere gli effetti personali!

Per fortuna le piscine sono davvero benefiche e ricche di proprietà: il percorso kneipp, le vasche ad alta concentrazione di zolfo (l’odore ci accompagnerà durante tutta la permanenza a Sirmione), l’idromassaggio e tante altre attrazioni meritano un encomio.

Peccato solo per l’organizzazione e la mancanza di spiegazioni anche all’interno delle terme: sirmionesi, insomma, datevi una mossa perché rischiate di farvi bagnare il naso dalle terme meneghine di porta romana!

Dopo il benessere, infatti, ricomincia la trafila con: ressa agli armadietti mal funzionanti nonostante il “braccialetto magico”, marachella di Elena che ruba un accappatoio in più (su mio incoraggiamento), lotta epica per conquistare un posto in doccia e ai phon (non “I Phone”)!

A proposito di asciugatura, esco dalle terme rossa come un papavero, mentre Elena, che ci impiega qualche minuto in più, è costretta a pagare i tre euro aggiuntivi solo perché ha i capelli lunghi!


In qualche modo, però, ci siamo rigenerate; così godiamo della serata mite, visitando la zona del castello, inseguendo alcuni gatti che ci portano per caso verso scorci (non sorci!) panoramici suggestivi. Vediamo anche due chiese pregevoli: Santa Maria Maggiore e Sant’Anna, impreziosite da affreschi medievali… una più bella dell’altra! E all’interno di quest’ultima notiamo anche l’effigie della Venerabile, intuendo la sua importanza per questi luoghi.

A cena Elena propone un ristorante super raffinato dedicato a Maria Callas, ma io rifiuto, in nome di un pasto alla buona e rustico; perciò finiamo “Al Portec”, risucchiate dal cameriere rubicondo e ubriaco, il quale, in men che non si dica, ci mette a sedere, facendo anche un sacco di battute non gradite…

Ordino la pizza, abbastanza buona, mentre Elena si vede arrivare cinque ravioli (di numero), il tutto innaffiato da acqua del rubinetto.

Senza dimenticare che alla fine della cena il cameriere vorrebbe chiedere il numero di cellulare alla Contessa, ma «solo perché sono cieco», dice. O forse ciuco??


Rincasiamo percorrendo il viale alberato che porta all’hotel, un po’ poco illuminato a dire il vero, mentre l’aria inizia a diventare più fresca e presaga di copiose piogge…

La mattina del 27 aprile inizia con l’abbondante buffet dell’albergo: facciamo ogni cosa con calma, anche perché fuori diluvia e la visita al Vittoriale di D’Annunzio è destinata a saltare.

Cogliamo quindi l’occasione per domandare al solito albergatore dal sorriso beffardo qualche informazione sulla Venerabile, ma lui risponde in modo fin troppo vago, indirizzandoci verso la stanza, posta al primo piano e visitabile, di Benedetta Bianchi Porro. Io ed Elena siamo sorprese di scoprire che la camera si trova proprio sotto quella in cui abbiamo alloggiato noi; ancora più sorprendente è stato entrare nella stanza, luogo di preghiera, e conoscere meglio la storia di questa ragazza, provata da una dura malattia e morta giovane, che ha consacrato il suo dolore a Dio, compiendo alcuni miracoli riconosciuti dalla Chiesa e lasciando un insegnamento che non può far restare indifferenti.

Su Trip Advisor ci sono addirittura ospiti dell’hotel Meridiana che dichiarano di aver percepito la sua presenza, ma, misteri a parte, l’unica cosa che ci lascia dubbiose è il silenzio sull’argomento da parte degli albergatori, che sembrano reticenti quando poniamo qualche domanda sulla Venerabile e ci mostriamo interessate a conoscere maggiori dettagli sulla sua vita.

Pioggia o no, a ogni modo, dobbiamo uscire e proseguire il nostro tour. A proposito, dato che, come ricorderete, ho dimenticato l’ombrello, ne chiedo sfacciatamente uno all’albergatore, il quale con un sorriso spettrale me ne indica uno, che si rivela una vera e propria ciofeca: appena lo apro pende tutto da una parte ed è mezzo rotto dall’altra, ma a caval donato non si guarda in bocca, e così percorro le viuzze sirmionesi tra gli sguardi divertiti degli altri turisti. Persino Elena se la ride, ma la maledizione dell’ombrello colpirà anche lei!


Dopo aver acquistato qualche pensierino nei negozi (Elena in particolare sembra avere un feeling con il gestore del negozio di profumi), eccoci all’interno del castello. A dire il vero non c’è molto da vedere: tanti camminamenti, scalini-scaligeri da salire e scendere e soprattutto un panorama imperdibile, che comunque non possiamo apprezzare più di tanto a causa della pioggia battente e dell’impaccio provocato dal mio pericolosissimo ombrello scassato, al quale stacco anche qualche pezzo, tanto peggio di così non può andare.

Meglio correre ai ripari: pranzo all’”Hostaria”: più che veneta sembra vagamente napoletana, tuttavia il risotto con gamberetti e crema alla zucca è delizioso. Proprio come il gelato presso la pasticceria “Scaligeri”, da segnalare anche per dolci e dolcetti vari.

All’uscita da quest’ultimo locale, però, Elena non trova più il suo amato ombrello azzurro e viene invitata dai camerieri (e da me) a prenderne un altro quasi uguale, perché forse la persona che ha preso il suo si è confusa.

La Contessa si lamenta durante tutto il percorso dal centro storico all’hotel per la pesantezza dell’ombrello, forse appartenuto a un turista straniero, dato che reca una scritta in sloveno. Secondo google traduttore il significato della frase sibillina è: “non differire, rispetti!”. Che cos’avrà voluto dire la Pizia? È una minaccia?

Elena, alquanto perplessa, si guarda intorno per vedere se qualche turista imbraccia per caso il suo ombrello azzurro; andiamo alla caccia per un bel po’ ma niente da fare.

Una volta varcata la soglia dell’hotel per l’ultima volta, devo restituire quel che resta del “mio” ombrello alla figlia dell’albergatore, e provo persino a proporle di lasciarmelo definitivamente, facendole capire che le faccio solo un favore a portarmi via quel catorcio, giusto per ripararmi dal diluvio incessante, ma lei niente, rifiuta con lo stesso sorriso umoristico del padre, e così ci ritroviamo in due con un ombrello che non è nostro.

L’ultima peripezia consiste nell’affrontare il viaggio in pullman per Desenzano (lo stomaco di Elena è a rischio) e salire sul nostro amato regionale diretto a Milano.

Tanto per cambiare… piove sui nostri volti/ silvani,/ piove sulle nostre mani/ ignude/ sui nostri vestimenti/ leggeri/ sui freschi pensieri/ che l’anima schiude novella,/ su la favola bella/ che ieri/ t’illuse, che oggi m’illude… O Sirmione!