domenica 6 settembre 2009

SVIZZERA 2009







A spasso nel Paese delle caprette che fanno “ciao”, alle prese con un clima torrido, il Toblerone che si scioglie inesorabilmente e una tregenda di arroganti “mafaldi” alle costole… ce la faranno le nostre eroine?
YES, WE CAN!
Svizzera (13-16 agosto 2009)
13 agosto 2009:Nella terra del cioccolato…
Tutto è pronto per il tour che ci condurrà in alcune eleganti città della Svizzera tedesca, passando per Montreux con i suoi paesaggi lacustri e montani, senza disdegnare di assaggiare il decantato formaggio della zona. Il pullman spacca il minuto e da Milano s’invola verso il traforo del San Bernardo. Non manca proprio nulla, no. Soltanto… Paola!! L’appuntamento con la mia compagna di viaggio è fissato a Novara, ma di lei neanche l’ombra. Dove sarà? Il mistero si infittisce quando mi comunica, al telefono, di essere nei paraggi (ma dove?). È in quest’occasione che faccio conoscenza con l’efficientissimo accompagnatore, il romagnolo Arrigo, il quale scende dal pullman in autostrada e riesce a mettersi sulle tracce della latitante, a dire il vero non troppo lontana, accolta con un’ovazione sul pullman.
Ora non manca veramente nulla, che il viaggio abbia inizio! L’autista guida impavido superando ben presto il confine: durante il tragitto scopriamo che il suo nome è Milko, proprio come il lilla che invoglia… quale migliore premessa per una gita nella terra del cioccolato? Comincia così il tormentone (più che altro un tormento per il nostro autista) della mucca viola e altre simpatiche burle, tanto che già il primo giorno il pover’uomo non ne può più di noi.
Nel pomeriggio arriviamo a Montreux, presso l’hotel dove alloggeremo. La sistemazione non è niente male, tuttavia alcuni membri del gruppo, prontamente soprannominati “mafaldi”, si tolgono lo sfizio di protestare per delle inezie: il mafaldo- dirigente universitario si scaglia gonfio di tracotanza contro Arrigo perché manca l’aria condizionata in stanza; le due mafaldesse-medichesse si lamentano a più non posso senza spiegarci il perché. Per fortuna al mondo non ci sono solo mafaldi, e pertanto ci godiamo la passeggiata sul lungolago in compagnia di alcuni nuovi amici, Enzo, Gabriella e il giovane Enrico, nonché una simpatica coppia di signori toscani.
A dire il vero Montreux è “una città che se la tira” e nulla più. Non poche pretese di aristocrazia ed eleganza, forse per il casinò, forse per il jet set e cose così, forse per il Montreux Palace che ha ospitato alcuni noti artisti, come Micheal Jackson, ma, a parte il monumento in onore di Freddy Mercury e il mirabile panorama del lungolago, non c’è molto da vedere.
Toh, è un’usanza svizzera quella di portare i bambini dentro le fontane quando imperversa il caldo, e difatti il clima è bollente, persino afoso. Quasi quasi li invidio, penso, rientrando all’hotel per la cena… tra le portate, crema di cavolfiori e un succulento dolce al cioccolato, nonché la premura del nostro accompagnatore: «Volete che vi faccia togliere la mostarda dal pork?» domanda spudoratamente Arrigo a tutta la comitiva, rivolgendosi poi, sempre in romagnolo, agli zelanti camerieri: gli abbronzantissimi Obama-boys! Tutte le loro risposte sono incoraggianti e cariche di entusiasmo: «Possiamo avere altra acqua?» «yes you can!»; «Vorremmo anche del pane e una pinta di birra» «yes you can!»; «Una porzione in più di dolce?»… beh, adesso non esageriamo!
14 agosto 2009: Attenti alla psycho – marmotta!
La mattinata si apre con la prima, vera escursione del tour: destinazione Roches de Naye, il paradiso delle marmotte! Raggiungiamo la nostra meta in seguito a un’impervia arrampicata sui monti con il trenino a cremagliera: ce la farà o non ce la farà? Personalmente sono un po’ perplessa, ma intanto contemplo lo sconfinato panorama del lago Lemano e della costiera, incorniciato dalle vette alpine (fa capolino anche il Monte Bianco!). Finalmente i boschi cedono il passo a un paesaggio più roccioso e giungiamo a quota 2000 metri. Oltre alla passeggiata, ai simpatici incontri con animali del luogo (l’indifferente renna di Babbo Natale, le permalosissime capre che ci sbarrano il passaggio e i falchi), la visita ci consente di osservare numerose specie di piante montane nell’orto botanico, un museo con bestiole imbalsamate, qualche tenda mongola qua e là e soprattutto… le marmotte, le vere padrone del posto. Fortunatamente chiuse da un recinto (a salvaguardia della nostra incolumità fisica), gli agguerriti animali sono decisi a impossessarsi dei nostri cracker, che chiedono a gran voce, arrampicandosi sulla recinzione, mostrando minacciosamente i denti e soprattutto azzannando con ferocia inaudita il metallo che li separa da noi.
All’ora di pranzo prendiamo nuovamente il trenino per rientrare a Montreux, ripercorrendo la strada in discesa e ascoltando le precise indicazioni geografiche di Arrigo: «Adesso entriamo nel tunnel di qua per sbucare nella valle di là». Proprio mentre siamo immerse nella contemplazione di questi paesaggi tanto cari alla nostra beniamina Heidi, con tanto di lago Lemano a forma di mezzaluna, il treno inspiegabilmente interrompe il suo tragitto. Si è rotto, anche se gli orgogliosissimi svizzeri non vorrebbero ammetterlo, ma noi italiani siamo abituati a queste faccende e intuiamo subito che l’attesa non sarà breve… difatti, dopo un’ora sotto il sole cocente, trasbordi a destra e manca, ecco che si palesa un altro trenino poco promettente (ironicamente soprannominato TGV) che ci riporta, non senza incertezze e difficoltà, alla località di partenza. Il disappunto si dipinge sui nostri volti: altro che puntualità svizzera, questo è un ritardo degno dei mezzi di trasporto nostrani!
Vorremmo confortarci con un lauto pranzo in hotel, ma disgraziatamente capitiamo nello stesso tavolo di mafaldi e mafaldesse, che ci stordiscono vantandosi delle loro prodezze. Rimaniamo in balia delle loro saccenti chiacchiere finché non partiamo per la prima visita pomeridiana, prevista nella cittadina di Vevey. Il nostro cicerone, Arrigo, mostra contento la statua di Charlie Chaplin e il casinò, sullo sfondo dell’immancabile lungolago. Vevey è meno “frivola” di Montreux, come dimostrano i vicoli e le stradine al suo interno, tuttavia l’attrazione principale del pomeriggio è il castello di Chillon, di grande interesse storico e culturale.
Edificato strategicamente su un isolotto roccioso, questo “fottuto castello” (testuali parole della guida locale) risale al XII secolo, ma è il risultato di numerose ristrutturazioni. Fu usato come fortezza, arsenale e anche come prigione, resa celebre dal poeta inglese Lord Byron. All’interno meritano una visita soprattutto la sala lignea, risalente al periodo savoiardo, la sala da pranzo del castellano, finemente decorata e strategicamente apparecchiata, tanto da suscitare in Paola un certo languorino, mentre io mi diletto presso le antichissime latrine a due piazze, con tanto di disegni esplicativi. A dir poco geniale!
15 agosto: Su e giù per la capitale passando per… slurp… Gruyères!
Sveglia! Mentre a colazione sono costretta a pugnare contro il temutissimo gruppo dei baresi per un pugno di cereali, Paola non ne vuole sapere di abbandonare il regno di Morfeo, e così è costretta a prepararsi in modo fantozziano pochi minuti prima della partenza per Gruyères.
Il paesaggio muta dolcemente: dalle asprezze di Montreux si passa alle verdi e morbide vallate delle Prealpi friburghesi, dove sorge Gruyères, un pittoresco borgo dominato dal castello. Il nome di questo luogo deriva dall’immagine araldica della gru, ma ci rimanda a ben altre suggestioni, di carattere gastronomico… con il nome di Gruyères in bocca[1] visitiamo innanzitutto il castello, risalente al XI secolo. Molto belli i cortili interni e il giardino all’italiana, per non parlare, all’interno, del salone Corot, dipinto dal celebre pittore francese.
Tornati nel centro storico, ovviamente non manchiamo di partecipare alla degustazione del formaggio locale, nelle sue varietà, per poi partire alla volta di Berna, dopo un pranzo a base di spätzle e brezel.
Ricorderemo la “città dell’orso” per il caldo asfissiante e una guida locale molto sportiva che ci ha costretti a correre a perdifiato da una parte all’altra della capitale, tanto che più volte la signora toscana ha alzato bandiera bianca, minacciando di fermarsi. Ma Berna non è solo questo: visitiamo la cattedrale di San Francesco, protestante, e difatti i nostri compagni di viaggio protestano perché è troppo spoglia. Dopodiché ci dirigiamo verso il Palazzo del Governo, nella piazza centrale e finiamo dritti dritti nel cuore della festa del Toblerone, che proprio oggi compie cento anni: buon compleanno!! Quale migliore occasione per degustare il tipico cioccolato di questa zona, che viene offerto in quantità generose a tutti i passanti? E allora ecco che hanno inizio gli assalti ripetuti alle vallette cariche di Toblerone, che ogni tre per due fanno rifornimenti e riempiono vassoi, destinati, in pochi secondi, a essere nuovamente svuotati. Cent’anni, ma non li dimostra affatto… troppi complimenti. Perciò il Toblerone si scioglie, non per l’emozione, ma nel vero senso della parola, complice la temperatura ben oltre i trenta gradi (è buono lo stesso).
La visita guidata prosegue lungo il fiume Aar finché non giungiamo alla Torre dell’orologio, che ogni ora ci offre il suo spettacolo con i personaggi che si muovono, un po’ come a Praga e a Monaco.
Salutiamo Berna per tornare sul pullman: destinazione Lucerna. Dopo esserci sistemati nel nuovo hotel, passeggiamo amabilmente con i nostri amici nel raffinato centro storico. Lucerna by night è molto suggestiva e promette bene. Gli eleganti palazzi in stile liberty e i cigni che sguazzano nel lago fanno da contorno al nostro giro notturno.
16 agosto: Mafaldi, si prega di farli tacere!
Lucerna… una città densa di scorci da belle époque, elegante e raffinata nei suoi richiami storici e culturali, arricchita da musei e monumenti di rilevante interesse. La prima attrazione in cui ci imbattiamo è il ponte coperto, da non confondersi con il ponte della morte, dai toni macabri, qualche metro più in là. La passeggiata nel centro storico è molto gradevole: anche qui, come a Berna, abbondano le fontane, vere e proprie opere d’arte… e anche qui facciamo conoscenza con l’ennesimo Mafaldo della combriccola, nientepopodimeno che un nostro collega insegnante! L’attempato prof. di chimica, ex guru delle graduatorie, ex sindacalista, ex so-tutto-io, rimugina qualcosa sul Sessantotto e sui tempi in cui era giovane e bello, prima di tornarsene dai suoi “soci” sprizzanti mafaldaggine da tutti i pori. Pazienza! Ci confortiamo con l’esilarante gruppo dei baresi, i quali, dopo aver fatto razzie al buffet della colazione, tentano di aizzare un cigno contro Paola!
Intanto Arrigo ci conduce presso la chiesa dei Gesuiti, sfarzosa nelle sue decorazioni auree, la Cattedrale e una chiesa francescana, prima di giungere al Municipio. Molto carini inoltre i vari edifici decorati, come quello che rappresenta l’intero albero genealogico di una nobile famiglia.
In tarda mattinata ci separiamo dal resto del gruppo per recarci al museo principale con Enzo, Gabriella ed Enrico. È il trionfo di Paul Klee: al grande pittore svizzero è dedicata un’intera collezione… ma non solo! Ai piani superiori possiamo ammirare capolavori di Picasso, Monet, Renoir, Matisse, Cezanne, Modigliani, Seurat, Signac e tanti altri. Paola e Gabriella seguono interessate le mie divagazioni di fronte alle opere, ma Enrico non ne può più… indugiamo forse troppo a lungo nel ricchissimo museo, purtroppo è doveroso affrettarsi per non tardare all’appuntamento col resto della comitiva: dobbiamo pur sempre tornare a casa!
Prima di varcare il confine italiano, ci fermiamo a Bellinzona a spendere in tavolette di cioccolata le ultime monetine svizzere… franchi di qua euro di là… che confusione!
Durante il viaggio sgranocchiamo ciò che abbiamo comprato guardando un film, sempre con i soliti mafaldi, che nel frattempo hanno fatto comunella, alle costole, pronti a ribadire la propria superiorità sul resto del mondo e a rifilarci commenti poco edificanti, a dire il vero anche un po’ offensivi. Peccato che esistano persone così dappoco, ma che ci dobbiamo fare? L’importante è aver goduto pienamente di questi quattro giorni, così intensi, apprezzando luoghi, persone, costumi della Svizzera e legando con nuovi amici, che non esitiamo a salutare una volta giunti a Milano, con l’augurio di ritrovarsi in occasione del prossimo viaggio… saremo puntuali come un orologio a cucù!




[1] Omaggio ai Promessi sposi. Forse qualcuno ricorderà l’avventura di Renzo, con il nome di Gorgonzola in bocca…

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