TARALLAHOLIC
Appunti
di un viaggio a Lecce, nel Salento e nella valle d’Itria, a cavallo
(le bistecche non c’entrano) tra 2017 e 2018
28-29/12/2017
NEL BLU DIPINTO DI BLU
Mi
stavo giusto chiedendo: e se il senso di marcia non avesse alcun
senso?
Forse
per questo motivo, in compagnia di Elena e incurante delle
convenzioni sociali, decido di trascorrere gli ultimi giorni
dell’anno vecchio e i primi del nuovo in Puglia.
Avete
capito bene: mentre tutti optano per mete esotiche oppure sciistiche,
noi siamo in viaggio per Lecce. E non è uno di quei viaggi
“cazzuti”, con l’aereo che fa scalo a Dubai prima di giungere a
destinazione, bensì in treno, a bordo di un lentissimo
Frecciabianca, che ci mette sì un eternità, tuttavia ci permette di
ascoltare per svariate ore i racconti prolissi di un anziano signore
di Atella, Gino (praticamente ha riassunto tutta la sua vita, sotto
gli sguardi perplessi dei vicini di posto, desiderosi di riposare o
leggere una rivista), ma soprattutto ci consente di risparmiare un
sacco e arrivare in un batter d’occhio dalla stazione al Bed and
Breakfast, “casa Q”, individuato da Elena tra le tante proposte
della rete e situato in posizione strategica per visitare il centro
storico di Lecce.
Quando,
al mattino seguente, ci risvegliamo, è già tempo di iniziare a
scoprire questa meravigliosa terra, in cui, non so per quale motivo,
ci sentiamo già a casa.
Fuori
dalla struttura ci attende il pulmino guidato da Antonio, che ho
reclutato tramite InfoLecce per un tour nella valle d’Itria, in
compagnia di alcuni americani affascinati dall’Italia, dove hanno…
trovato l’America! Mentre questi signori ci spiegano di aver
lasciato il nuovo continente per andare a vivere in Abruzzo, il tempo
passa, finché non giungiamo nella pittoresca Polignano a Mare,
costellata da case a picco sul mare: qui l’occhio è indeciso se
posarsi sul bianco abbacinante delle abitazioni, l’azzurro del mare
o il blu del cielo.
A
proposito di “blu dipinto di blu”, questo è anche il paese che
ha dato i natali a Domenico Modugno: la statua a lui dedicata domina
il lungomare, mentre, se ci si avvia nel “budello”, ci si imbatte
in muri sussurratori di poesie e aforismi.
Niente
male, vero? Inoltre, tra una tappa e l’altra, percorriamo strade
costeggiando distese di ulivi, pagghiare e lecci; tuttavia, come ci
illustra Antonio, non è tutto rose e fiori, a causa della terribile
xilella, che ha provocato danni notevoli all’agricoltura e
all’economia pugliese.
Arriviamo
ad Alberobello giusto in tempo per visitare la Cattedrale, anche se
non vediamo l’ora di perderci tra i trulli! D’altronde si sa: noi
trulli siam così! E allora ecco che scattano la visita al trullo
Sovrano, le orecchiette nel trullo, la passeggiata tra i trulli, per
concludere con l’incontro che segnerà in modo indelebile le nostre
esistenze mangerecce: la pasticceria Martinucci.
Lasciate
che i pasticciotti vengano a me! I dolci locali, a base di pasta
frolla e crema pasticcera, ci conquistano dal primo morso per la loro
morbidezza, semplicità e il profumo inconfondibile. Li gustiamo
caldi, ma con un occhio all’orologio perché ci aspetta un lungo
pomeriggio: Locorotondo, addobbato come un villaggio di Natale, e
Cisternino, un po’ più deludente rispetto agli altri borghi, sono
le tappe successive, mentre l’ultima di questa intensa giornata è
Ostuni, con la sua cattedrale sinuosa, tutta curve e incorniciata da
un arco che conferisce alla piazzetta un’atmosfera d’altri tempi.
L’interno di ogni chiesa, inoltre, risuona sempre di melodie: dalle
canzoni natalizie, a brani un po’ più profani, fino a quelli che
Elena definisce pezzi “da telefono hot”.
Dopo
aver constatato questa insolita usanza delle musiche di sottofondo
nelle chiese pugliesi, ritorniamo a Lecce, giusto in tempo per la
cena.
Anche
se fuori dal centro storico, una delle pizzerie migliori della città
è Checco, dalle parti di via Tasso, piazza Ariosto, via Petrarca…
insomma, appena vi imbattete in una zona di grandi autori della
tradizione letteraria italiana, iniziate a leccarvi i baffi perché
siete sulla buona strada.
Peccato
solo che gli autobus terminino il servizio alle 21 (lo trovo alquanto
scandaloso) e i taxi di Lecce siano esosi: dura Lecce sed Lecce.
30/12/2017
SA… LENTO, VELOCE, LENTO
Lu
Salentu, lu sole, lu mare, lu jentu… rieccoci, di buon mattino,
all’appuntamento con il pulmino che ci accompagnerà tra le
meraviglie di questa terra.
Con
una nuova compagnia, ma per fortuna Antonio c’è sempre! Così come
non mancano neppure oggi stranieri innamorati della nostra Italia:
stavolta si tratta di due coltissimi e pazzoidi docenti universitari
in pensione, marito e moglie, che hanno lasciato la Svezia per
l’Umbria e passano la maggior parte del tempo viaggiando per il
mondo, un po’ hippie, un po’ nobel.
Insomma,
sarebbe tutto perfetto se non si aggregasse una coppia di signore
scocciate e scoccianti: la più igombrante si siede davanti, proprio
di fianco a Elena, la quale si rassegna a farsi piccola piccola.
A
ogni modo, andiamo. Prima sosta: Galatina. Pensavo fosse una
caramella, e invece… questo paese vanta una cattedrale
magnificamente affrescata, di scuola giottesca, tale da ricordare la
basilica di San Francesco ad Assisi. I due simpaticissimi scandinavi,
con le loro dotte spiegazioni, ci aiutano ad apprezzarla nella sua
interezza; peccato soltanto per la facciata, in fase di restauro.
Il
nome “Galatina” deriva dal greco e significa “latte”, come
ben sa chi ha trascorso l’infanzia scartando barrette di Galak;
difatti anche qui il bianco la fa da padrone.
Gallipoli,
invece, significa “bella Atene”. Una volta giunte in questa
incantevole cittadina, ci perdiamo tra le sue viuzze, prima di
entrare nella Cattedrale e nella chiesa della Purità, un
“gioiellino” affacciato sul mare.
Il
viaggio prosegue tra paesaggi mozzafiato e strade che ricordano la
Costiera Amalfitana. Sono moltissimi i punti panoramici lambiti:
Ciolo, il fiordo nostrano (e gli scandinavi muti!), Leuca, ovvero
finis terrae, dove Ionio e Adriatico si fondono in un
abbraccio tarantolato, Porto Badisco e Tricase: malgrado sia il
penultimo giorno dell’anno, qualcuno nuota nelle acque cristalline,
ma non temete: non si tratta di Elena!
Siccome
le sciure ostiche della compagnia sbuffano, dobbiamo rinunciare alla
visita della grotta Zinzulusa (pare che meriti parecchio) e quindi
via, verso Castromarina, dove pranziamo con del pesce freschissimo
per poi passeggiare nel centro storico. Ci troviamo a est, molto a
est, incredibilmente a est, tanto che… dal belvedere possiamo
scorgere l’Albania e il cellulare di qualcuno annuncia: benvenuti
in Grecia.
Sostiamo
per un po’ a Santa Cesarea e al faro della Palascia, quindi è la
volta di Otranto. Passeggiare per quel lungomare che sembra infinito
per poi visitare la cattedrale con la sua pavimentazione mosaicata è
un’esperienza impareggiabile, anche se ormai il tour volge al
termine, così come la giornata.
Dopo
esserci accomiatati da Antonio e da tutta la compagna picciola,
pensiamo a cenare: da Angiolino le polpette di cavallo e la purea di
fave sono deliziose, soprattutto se accompagnate da un buon
Negramaro... soprattutto se precedono il primo giro esplorativo di
Lecce, by night, accarezzata da una luce notturna che ci lascia
presagire grandi cose per il giorno successivo…
31/12/2017
NEL SEGNO DELLO ZIMBALO!
E
se in questo benedetto filo conduttore che cerchiamo con affanno, ci
inciampassimo?
Niente
paura! Il mio suggerimento di oggi è questo: scoprire Lecce senza
porsi itinerari, procedendo lentamente e in modo casuale, ad
minchiam canis, attraversando vicoli e “giravolte”,
assaporando la poesia dei balconi a petto d’anatra, dei monumenti
sfarzosi, carichi di horror vacui, per esclamare, a ogni
angolo, “che barocchità”!
Tanto
un filo conduttore c’è sempre: è quello del tripudio del Barocco,
ma è anche quello dello Zimbalo, finisssimo architetto, che ha
costruito mezza città, e con che maestria!
Quando
ormai i nostri occhi sono avvezzi a contemplare la pietra gialla
leccese, visitiamo alcune chiese: San Matteo, Santa Chiara e
Sant’Irene, ma soprattutto la Cattedrale, con la duplice facciata e
una cripta custodita da un arcigno guardiano di nome Bruno, senza
dimenticare la spettacolare Santa Croce!
Ma
siccome non possiamo disdegnare l’artigianato né la cucina locale,
saltelliamo da un laboratorio di cartapesta all’altro per poi
gustare un pranzo con la tipica puccia leccese.
Nel
pomeriggio, è la volta di piazza Sant’Oronzo, la più animata
della città.
Certo,
inizialmente mi veniva da pensare al mitico Oronzo Canà e ai suoi
squinternati moduli calcistici, ma bisogna sapere che il patrono di
Lecce riuscì a porre fine a una terribile pestilenza, come attesta
la colonna eretta in suo onore. Nella piazza vi è anche un
interessante anfiteatro romano e, a proposito di rovine, decidiamo di
andare al bed and breakfast a sistemarci perché siamo finalmente
giunte alla tanto agognata serata dell’ultimo dell’anno!
Cenone
al ristorante “La barca di Mario”: batto il cinque a Elena,
perché ci ha preso ancora! La scelta è azzecatissima non solo per
il cibo (pietanze prelibate, impiattate con raffinatezza da una chef
molto in gamba), ma anche per la compagnia, tanto che dopo la
mezzanotte spostiamo i tavoli per cimentarci nei balli più
disparati: dalla macarena alla pizzica, passando per Orietta Berti e
Gagnam Style.
Quando
i “bombardamenti” sono cessati, ci spostiamo in piazza, dove
tutto è molto tranquillo, fatta eccezione per un ubriaco che
continua a urlare “auguri” e fa la nostra stessa strada quasi
fino al bed and breakfast, cadendoci davanti più volte. Una via
crucis.
01-02/01/2018
CHE LA BURRATA SIA CON VOI!
Trulli,
taralli, taranta. Non è solo una splendida allitterazione, ma anche
un modo fantastico per salutare affettuosamente l’anno vecchio e
accogliere quello nuovo.
Almeno,
così penso, mentre faccio colazione in tardissima mattinata e
assaporo il pane pugliese che a Casa Q non manca mai.
Elena,
un po’ assonnata, mi raggiunge e consulta saggiamente la carta per
capire quali siano le attrazioni che ci sono sfuggite.
Via
Palmieri, via Ammirati e via Libertini, alcune tra le più
caratteristiche, sono le nostre prime destinazioni della giornata,
anche per fare un po’ di shopping, ma non dimentichiamo il castello
Carlo V! Qui ammiriamo un presepe fiabesco, con tanto di gatto (vero)
che ronfa tra i trulli (finti) e sembra voler miagolare a noi e a
tutti quelli che lo immortalano: ci… trulli!
Lecce
è ricca di particolari nascosti in grado di stupire, come il piccolo
viso in pietra che spunta da un muro in via Federico d’Aragona,
ricordo di un amore infelice, e nel complesso è una città che si
svela “baroccamente”, in modo fulmineo: ciò rende più facile la
visita se si ha poco tempo a disposizione. Non ci mettiamo molto ad
attraversarla da una porta all’altra: Rudiae, Napoli, San Biagio.
Ed è proprio in quest’ultima zona che ceniamo, all’osteria 203,
ideale per gustare una burrata impeccabile.
Eppure
la vita non è sempre tenera come una burrata; difatti il nostro
ultimo giorno leccese lo dimostra. Il 2 gennaio il tempo è uggioso,
quasi a sottolineare la malinconia legata alla nostra dipartita. Ne
approfittiamo per vedere il museo “MUST”: qui è di interesse
soprattutto la mostra fotografica sul Salento, nonché quella su
Munari e la nebbia milanese (un karma che inesorabilmente ci
accompagna), niente male i video in 3D sul teatro romano e sulla
villa ipogea Palmieri.
Purtroppo
però la pioggiorellina del primo mattino diviene torrenziale proprio
quando dovremmo avviarci alla stazione. L’idea di Elena è quella
di prendere un taxi, dato l’ingombro dei bagagli, ombrelli ecc.
Geniale, senza dubbio, peccato che il tassista inizialmente si
rifiuti di percorrere una tratta così breve, e solo dopo averlo
persuaso si degna di “offrirci” il suo servizio. Arriviamo
comunque fradice al binario, giusto il tempo per accomodarci sul
Frecciabianca del ritorno.
Ma
non è un addio: ormai la tarantola ha colpito e ci rivedremo presto,
magari a ritmo di pizzica. Buon anno, e che un po’ di Puglia sia
sempre con voi, anche nel bel mezzo della pioggia e della nebbia!