sabato 11 agosto 2007

BELGIO 1998 (Le relazioncine storiche!)

LA GRAND PLACE, I PANINI E TUTTO IL RESTO!
(gita in Belgio, 10-20 luglio 1998)

Milano, 10 luglio 1998. Aeroporto di Linate. Ore 11.00. Entrata dei voli internazionali. Dodici ragazze circondate da bagagli. Genitori, amici, parenti, baci, Filippone[1], lacrime, «fai la brava», «non tornare», gli ultimi saluti, e poi via, sull’aereo che ci conduce, finalmente, in Belgio.
Dall’aeroporto di Bruxelles giungiamo, con un po’ di fatica dovuta all’ingombro delle valigie, a Lovanio la Nuova, dove si trova la residenza in cui alloggeremo.
Ma... quale sarà la strada che porta dalla stazione di Lovanio alla residenza? Chiediamo informazioni a un’apparente donna di mezza età, vestita comunemente, che cammina normalmente in mezzo alle vie della città. Ma l’apparenza inganna.
Sotto le sembianze umane della signora si cela un angelo custode, che, impietosito dalla nostra situazione (stanche, affannate, lontane dalla residenza e soffocate dai bagagli), si offre di portare le valigie sul suo macchinone, parcheggiato lì vicino.
Targa dell’auto: FHG-747 (dovevo pur prenderla, non si sa mai...).
Comunque, per sicurezza, mandiamo Silvia Fox e Marcella in auto con la signora: due in meno.
Quindi arriviamo in tutta tranquillità alla residenza, dove ci attende una cena non proprio conforme alle nostre aspettative: un po’ scarsina... «ma» pensiamo «qui in Belgio è così: la sera si sta leggeri perché la mattina viene servito un breakfast molto abbondante». Infatti il giorno seguente non c’è abbastanza cibo per tutte, e le ultime arrivate devono digiunare. Non importa (io sono arrivata per prima al magro buffet)! Ci avviamo verso la stazione e prendiamo il primo treno per Bruxelles, dove visitiamo la Gran Place. Non appena vi mettiamo piede, comincia a piovere. Da questo momento possiamo dimenticarci il colore del sole per circa nove giorni: l’infame riapparirà soltanto quando ci appresteremo a partire per Milano.
Nel pomeriggio ci rechiamo al più importante museo di Bruxelles mentre il freddo imperversa e noi geliamo nelle nostre leggere, inutili felpe di cotone, chiedendoci come possa essere vero che nel resto del mondo la gente si preoccupi delle elevate temperature da record.
Il freddo ci segue quando torniamo alla Gran Place per assistere a una festa folcloristica fiamminga. Qui, oltre al gelo, alle maschere tipiche del Belgio, ai vari numeri degli artisti locali e a un memorabile concerto di musica fiamminga (con tanto di zampognaro), ci imbattiamo in una manifestazione ad opera di un gruppo che vuole la secessione del Belgio... mah! In ogni caso, dove ci siamo noi c’è movimento!
Bruxelles è la nostra meta anche il giorno successivo: giungiamo così presso la Cattedrale, terribilmente rassomigliante a Notre Dame, dove assistiamo alla Messa.
Tappa principale del pomeriggio è il museo africano. E poi... tutte a Lovanio, a prepararci in vista della gita del giorno successivo: Bruges.
Bruges... città incantevole e romantica, è forse la più caratteristica tra quelle che abbiamo visitato. Il giro in battello permette di goderci tutto ciò, e permette a Margherita di ottenere una riduzione sul prezzo per i minori di anni dodici.
La giornata è fantastica, anche perché talvolta compare in cielo qualcosa che sembra il so... beh, non lo dico troppo forte, però lo penso.
A detta di tutte il momento più significativo è nel primo pomeriggio, quando, armate di energia e calcolatrice (per contare i gradini), ci avventuriamo in cima alla torre di Bruges, aggrappate a una corda. L’impresa è ardua: ben 366 gradini stretti e ripidi ci attendono... ma noi non ci perdiamo d’animo e finalmente giungiamo là, in cima, praticamente in cielo, dove possiamo dilettarci con un magnifico panorama della città.
«Ne valeva la pena» esclamiamo tutte, ma chissà perché di colpo diveniamo silenziose quando arriva l’ora di scendere...
Subito dopo visitiamo il Gran Beghinaggio, suggestivo, con tanto di parco, e poi, tutte a casa grazie ai famigerati treni fiamminghi.
L’indomani è la volta del Parlamento Europeo e di Gand. In questa città visitiamo la chiesa di San Bavone, dove è conservato il celebre Polittico dell’agnello mistico, e siamo protagoniste di un’autentica lotta contro il tempo per giungere alla stazione, lontanissima dal centro storico, prima che il treno parta senza di noi. Riusciamo a prenderlo all’ultimo momento. È diretto a Lovanio, ma la Filippone scende a Bruxelles perché è riuscita a scroccare un invito a cena. Così scende, noi le facciamo «ciao» con la manina e i fazzolettini, e proseguiamo da sole verso la residenza.
La Filippone non c’è! Quale migliore occasione per introdurci furtivamente nella sua stanza, nasconderle due sveglie puntate rispettivamente alle 3.30 e alle 5.00 del mattino in alcuni punti strategici, e cioè la prima sotto il letto e la seconda sopra l’armadio?
(Come potrete immaginare quella non fu certamente una notte tranquilla per la Filippone, ma neppure per me: le svegliette erano mie, e temevo che la prof., in preda all’ira, potesse fare loro del male.)
La burla, da me ideata, riesce alla perfezione, e, ancora a proposito di sveglie, un risveglio insolito attende Giulia. È infatti il gran giorno del suo diciottesimo compleanno, mercoledì 15 luglio 1998, e, per porgerle gli auguri, ci appostiamo tutte quante davanti alla porta della sua stanza, bussiamo non troppo dolcemente, entriamo di soprassalto cantando Happy birthday to you e la troviamo un po’assonnata ma senza dubbio felice di vederci. È ora di mettersi in cammino. Città del giorno: Lovanio la Vecchia.
Sul treno la Filippone, che reca i segni di una notte insonne, medita vendetta e mi guarda in cagnesco perché ho rivendicato lo scherzo e per giunta rivoglio indietro le mie svegliette. Ma che cosa ci posso fare? È più forte di me...
Arriviamo all’università, poi, dopo pranzo, visitiamo il giardino del castello. Alberi, prati, fiori, una distesa verde, un’atmosfera tranquilla. Perché, ci chiediamo, non movimentarla? Così iniziamo a giocare un’infuocata partita di calcio a modo nostro, urlando e schiamazzando. Ma ci divertiamo.
Al nostro ritorno in residenza prepariamo la serata in onore di Giulia: si tratta di una cena all’italiana a base di spaghetti, pizza e ovviamente torta con tanto di candeline. La festa riesce benissimo, il dolce è ottimo e Giulia finalmente è maggiorenne. Ma, dopo il divertimento e il piacere, arriva il momento della contabilità.
«Ragazze, è giunta l’ora di dare i numeri» sentenzia la Filippone, «quanti soldi vi sono rimasti?».
«Pochi» rispondiamo tutte in coro. Cerchiamo dunque di capire se, in base ai nostri budget ridotti, sia possibile effettuare o meno la gita prevista in Lussemburgo.
In seguito a una serie di insulti, incomprensioni ed errori di calcolo, perveniamo a una conclusione negativa. Perciò, eliminando la gita in Lussemburgo, la meta del giorno seguente è Anversa, dove si respira l’atmosfera di una grande città commerciale. Ci ricorda un po’ Milano. Il monumento più significativo è la casa di Rubens.
Il pomeriggio prosegue tranquillo e tutte, sul treno del ritorno, siamo impegnate a organizzarci per l’indomani: ci attende una giornata libera, dedicata allo shopping e al relax.
Il giorno seguente ci rechiamo a Bruxelles. Non appena mettiamo piede nella Gran Place, ricomincia a piovere. Scena già vista. Poi ognuno prosegue la giornata passeggiando per le vie della capitale, ed è subito sera.
«Toh!» esclama qualcuno poco prima di mettere piede in residenza, «domani sera saremo ad Amsterdam, dopodomani ceneremo a Bruxelles... quindi questa è l’ultima cena in residenza».
«Toh, è proprio l’ultima cena...».
«Toh, e noi siamo in tredici...».
«Toh, oggi è venerdì 17...».
«Toh, potremmo anche piantarla!».
Così in seguito all’ultima cena presso la residenza, a una breve ma intensa dormita, il risveglio è fissato per le ore 5.00. «Tutte giù dal letto! Il sole è già alto e Amsterdam ci attende!».
In occasione della tanto agognata gita la nostra comitiva si allarga: con noi ci saranno Marcela e Andrea, due ragazze sudamericane, ospiti come noi della residenza.
Le due señorite erano mucho simpatiche... se non fosse stato per un piccolo defecto de Marcela: ella teneva un muciaccio, Gustavo, ignaro dell’esistencia di un fuso orario, che le telefonava alle ore più impensabili... a miezanoche, o alle ses della mañana, vegliando ella, la Filippones e soprattutto nos, che vulivam durmì!
Ma è acqua passata, e finalmente, dopo quattro ore di viaggio, ecco palesarsi dinanzi a noi Amsterdam, la terra dei tulipani... e di qualcos’altro (le cartoline, ovviamente).
In seguito alla visita al museo Van Gogh, io, Michela, Silvia Bertelli, Maria e Giulia decidiamo di concederci un pittoresco giro sul battello, mentre le altre camminano per le vie di Amsterdam alla ricerca dei tulipani e... delle cartoline.
Ma il tempo vola, e così, tra una foto ricordo con un canale sullo sfondo, un tuffo nella storia con la casa di Anna Frank e un panino al salame, l’ennesimo, è già ora di salire sul treno e dire addio alla terra dei tulipani, dei coffee shop e di Van Gogh.
Finalmente domenica! E una classica scampagnata non poteva mancare: la città che ci vede arrivare si chiama Namur. Qui ci attende, ullalalalalalà[2], il sole: c’è addirittura il rischio di abbronzarsi, sdraiate sull’erba, in seguito alla salita per giungere alla cittadella, incuranti della gara nautica che si sta svolgendo presso il fiume poco distante.
La giornata non è ancora volta al termine: è infatti prevista per la sera una cena in un ristorante di Bruxelles a base di cozze e patatine, piatto tipico del Belgio. È il momento di Morena, che stupisce tutte ordinando un chilo di cozze e mangiandole rapidamente sotto gli occhi esterrefatti della Filippone.
Si mangia, si paga (con un po’ di difficoltà, come al solito, per via dei conti: e meno male che facciamo l’economico[3]!), si passeggia ancora una volta nella Gran Place in versione notturna e si torna a casa, dove si medita un secondo scherzo per la Filippone.
Andiamo sul tradizionale: sacco nel letto e dentifricio sulla maniglia.
Sarebbe un colpo perfetto se una telefonata (probabilmente del conquistadores Gustavo) non costringesse la prof. ad andare a rispondere e, di conseguenza, cogliere sul fatto le colpevoli, appostate nella sua camera, lì vicina.
«Adesso sistemate il letto, pulite tutte le maniglie, già che ci siete passate l’aspirapolvere!» sbotta lei, e dunque siamo costrette a sgobbare come delle filippine nella stanza della Filippone.
Concluse le pulizie di primavera, prepariamo il ritrovo dell’ultima sera, disponendo sul tavolo della stanza di Elisa, consolidato punto di incontro delle nostre nottate fiamminghe, tutto ciò che abbiamo acquistato: pop corn dolci, salatini e naturalmente le gauffre, specialità dolciaria tipica del Belgio, consistente in una cialda quadrettata ricoperta di cioccolato, crema o marmellata, a seconda dei gusti. La serata può avere inizio, ma difficilmente avrà fine perchè è molto piacevole, e le cose da fare, da dire prima di salutare il Belgio sono tante.
Ma l’alba sorge, e, malgrado nessuno desideri andarsene, questo è il giorno della partenza. Proprio come all’andata, siamo tutte impacciate con i bagagli, e, per giunta, stavolta, non c’è il nostro angelo custode ad alleggerirci. Percorriamo per l’ultima volta il tratto dalla residenza alla stazione, una via ormai divenuta familiare. Addio Lovanio, il treno è già arrivato, ci porta via, alla stazione di Bruxelles, dove depositiamo le valigie e ci avviamo verso l’Atomium, una costruzione postmoderna.
Abbiamo ancora molto tempo a disposizione nel pomeriggio, perché siamo partite in anticipo: è l’occasione giusta per vedere l’ultima volta la Grand Place. E per la prima volta riusciamo a vederla con il sole.
Salutiamo anche Bruxelles: l’aereo ci attende. Il viaggio è tranquillo, come all’andata, e arriviamo puntuali a Milano.
... Milano, 20 luglio 1998. Aeroporto di Linate. Ore 20.10. Dodici ragazze circondate da bagagli. Genitori, amici, parenti, baci, abbracci, Filippone, lacrime, nostalgia, un caldo allucinante (e ora tutte rimpiangiamo gli undici gradi di Bruxelles), «hai fatto la brava?», gli ultimi saluti e poi via... ognuno proseguirà le vacanze per conto proprio, ma difficilmente riuscirà a dimenticare questi dieci giorni.
Tutto sembra simile all’andata, ma, lo si capisce, è cambiato qualcosa. Ora, infatti, abbiamo tante città nel cuore, e tanti ricordi in più... possiamo lasciarci serene, ma con un pensiero inquietante che occupa le nostre menti: domani sarà un giorno senza gauffre!

Fabiana Sarcuno
[1] La nostra prof. di storia e filosofia!!
[2] Esclamazione tipica dei fiamminghi
[3] Il mitico indirizzo del liceo classico-economico!

2 commenti:

ignipott ha detto...

...ignipott passa e saluta...

ignipott.blogspot.com

Sarc1 ha detto...

ciao ciao!