sabato 11 agosto 2007

BERLINO 2003 (le relazioncine storiche!)

Quando il gioco si fa muro i muri iniziano a crollare…


DISORIENTATION (DB)!!
(cronaca di un viaggio berlinese… improvvisato!)

11 APRILE:TUTTI A BERLINO, NONCURANTI DEL FREDDO!
Disorientation, perché a noi non piacciono le persone che sanno già dove andare, che non si smarriscono mai, che sanno sempre cosa dire e cosa tacere di fronte ad un quadro, che adeguano il loro comportamento in base alle opportunità, ma che, detto fra noi, non sono capaci di improvvisare…
È la disorientation, la nostra filosofia di vita, che ci permette, in seguito ad una levataccia, di raggiungere all’alba l’aeroporto di Linate, dove ci attendono, con tanto di biglietto d’aereo Milano Linate – Berlino Tegel, alcune brillanti promesse nell’ambito dell’arte contemporanea, tra cui Marco Vianello, con il suo seguito di fans e specializzandi, Cristina Casero, scortata dal baldo Eraldo e l’enigmatico professor Iacchetti, detto dottor Sigmund, lo psicologo del gruppo.
“ehi ragazzi, state andando in gita scolastica? Ma che classe fate?” ci domandano gli addetti di Linate, pensando di avere a che fare con una scuola media.
“ma per chi ci hanno preso?” penso, nel colmo dell’indignazione “per quelli che bigiano i musei, e poi magari fanno il nutella party e gli scherzi telefonici alle stanze l’ultima sera?”, tuttavia, allo stesso tempo, rido di loro e dei controlli precari che ancora una volta sono riuscita ad eludere, con il mio inseparabile coltellino in tasca.
A Berlino siamo accolti da una temperatura polare, e senza indugio ci incamminiamo verso l’albergo, ansiosi di conoscere Rita, un’attempata signora con il vizio dell’alcolismo, di cui si tessono le lodi nel sito internet dell’abbagliante hotel. Dopo aver contemplato attentamente la facciata dell’edificio (color giallo evidenziatore osama) e vinto ogni esitazione (“ma è un albergo o un supermercato?” si domanda Chiara), cerchiamo di entrare, stupite perché quest’anno, inaspettatamente, non sono sorti problemi relativi alla sistemazione.
“ragazzi, abbiamo un problema” ci annuncia infatti la Casero, in seguito ad una breve colluttazione con la reception. Poi si mette a bofonchiare qualcosa riguardo alle affinità elettive, ma personalmente non riesco a cogliere il riferimento goethiano. Quel che è certo è che non possiamo ancora prendere possesso delle stanze, ma almeno ci è consentito di lasciare i bagagli, prima di tuffarci nella città: tra i nostri itinerari, Alexander Place, il municipio neogotico e l’originale cattedrale, detta anche “dente cariato”, per la sua forma un po’ grottesca, quasi tragicomica.
Ma quel che più conta è l’avvincente visita alla Alte Nationalgalerie, museo ricco di opere celebri ed indimenticabili, soprattutto per quanto riguarda la pittura nel Romanticismo. Friedrich, Schinkel, Menzel, Constable, Courbet e tanti altri ci allietano con i loro capolavori, ma le nostre emozioni estetiche sono interrotte, di tanto in tanto, dai gendarmi del museo, pervasi da una logica ferrea e spietata. Addirittura m’impediscono di levare la giacca a vento, temendo che sia pericolosamente armata (mah?), e guardano in cagnesco la Casero intenta nelle sue “spieghe”, come se fosse una temibile sovversiva.
Nella passeggiata successiva, subiamo il fascino del provvisorio della capitale tedesca, del work in progress, della memoria storica che impregna di sé la città, e soprattutto degli orsi, che sono disseminati ovunque, per le strade di Berlino (si tratta del simbolo della città).
Giungiamo così fino alla Porta di Brandeburgo, ammutoliamo nella “casa del silenzio” e finalmente… rincasiamo. Al ritorno in albergo mi attende un’inquietante scoperta, che non esiterò a denunciare! Non si tratta della signora Rita (dei suoi cocktails neanche traccia, soltanto una bacheca di trofei vinti nelle gare tra barman), bensì di un increscioso incidente che coinvolge me ed altre persone, tra cui Mattia e le letteronze, uno sparuto gruppo di ragazze così definite… per il loro modo di essere! Insomma, gli addetti alla reception, la cui intelligenza è inversamente proporzionale alla luminosità dell’albergo, mi hanno assegnato la camera di qualcun altro. Idem per gli altri. La questione sarebbe facilmente risolvibile, con un minimo di buon senso, se i dipendenti dell’hotel si mostrassero più disponibili e ci consegnassero le chiavi giuste, invece di insultarci ripetutamente, fissandoci con quelle facce da passeri saputi.
Le letteronze, poi, non sono di grande aiuto: la letteronza mora, chiamata in causa, scende dalle scale tutta trafelata, fa uno stacchetto, si dirige verso la reception e dopo essersi aggiustata i capelli esclama: “cioè! Mi sono appena fatta la doccia, sistemata! Cioè, zero: non potete togliermi la stanza adesso! Allucinante, sta’ storia!”. È una situazione vagamente kafkiana, o, se si preferisce, la notte in cui tutte le vacche sono Casero. In qualche modo riusciamo ad ottenere le stanze, ma solo in tarda serata, mentre gli altri, a cena, possono gustare una deliziosa boulette, la prima di una lunga serie.
E intanto i tedeschi ci guardano, e ridono…

12 APRILE: SOGNANDO LA GEMALDEN…
La disorientation chiama… e Cristina Casero risponde! È lei, infatti, di primo mattino, a tentare invano di condurci al museo Sammlung Berggruen; inevitabilmente la nostra guida ci costringe ad un giro insensato privo di meta , perdendosi tra le vie di Berlino, e così non possiamo fare altro che seguirla per poi ritrovarci al punto di partenza, davanti al nostro Econtel.
Muniti dell’effimera e lacerata cartina dell’albergo, riusciamo comunque a ritrovare la retta via e a visitare il museo, dove sono esposte opere di Matisse, Klee e Giacometti. Anche in questo luogo tutto è verbotten (proibito), ed io, che sono uno spirito libero ed eversivo, mi sento continuamente braccata dai gendarmi, che sono ovunque. Attilio, d’altro canto, si diletta ad innescare gli allarmi delle opere, che scattano non appena ci si avvicina ad un quadro, alimentando il panico tra gli addetti del museo; la Casero e il giullare dell’arte contemporanea, nel frattempo, si scambiano provocazioni insidiose e pungenti, cimentandosi in una sorta di “Casa Vianello”.
Angelica vorrebbe chiarire i suoi dubbi su Matisse. “chiediamo a quella ragazza… sarà un’impiegata del museo!” propone, indicando una misteriosa fanciulla con gli occhiali, che se ne sta in disparte. Ma in realtà la donna del mistero appartiene alla nostra comitiva! Eppure nessuno la conosce e la sua presenza è quasi impercettibile per tutta la durata del viaggio…
Nel pomeriggio giungiamo nel museo più sorprendente di tutta Berlino: la Gemalden Galerie, che ci lascia completamente disarmati. La collezione comprende opere di diverse epoche, dal medioevo all’Ottocento, con particolare attenzione per la pittura fiamminga, senza tralasciare alcuni “grandi” nostrani come Giotto, Caravaggio e Canaletto.
Ancora ebbre d’arte, ci rechiamo alla mostra di Munch, sempre all’interno del vasto museo, per poi progettare una tappa alternativa al muro di Berlino, a cui perveniamo soltanto in seguito ad un interminabile viaggio nella metropolitana berlinese, luogo di socializzazione e di consolidamento dell’amicizia all’interno del gruppo. Patty si conferma la “navigator”, guida ufficiale della compagnia, se non altro meglio di quelle di carta, prese dall’albergo, che si strappano soltanto maneggiandole. Sara, invece, è presa dallo sgomento perché non trova la sua macchina fotografica, mentre Sara Cetta parla di maternità (giunte presso il muro, queste ragazze si trasformano nei peggiori “writers” di periferia, violando, con una bomboletta, nientepopodimenochè ciò che resta del muro di Berlino, uno degli emblemi più significativi di tutta la contemporaneità).
Durante la sera, usciamo tutte insieme, e all’appello non mancano neanche Chiara, Francesca, Laura, Barbara, Angelica, Tiziana e Natalia: siamo noi, “Le Magnifiche (chissà perché questo appellativo Ornaghesco) Dello Zoo Di Berlino”, luogo che ormai frequentiamo abitualmente. E così, kartoffen, crauti, cutlit, (ma non alla milanes) e uova fritte che mangiamo alle 23.00 ci inseguono durante i nostri notturni incubi gastronomici. Intanto, in Italia, a Milano, allo stadio Meazza, Milan batte Inter uno a zero (Inzaghen).
E i tedeschi continuano a fissarci, e continuano a ridere…

13 APRILE: DALLA NEUE ALLA DISCARICA DI UN CENTRO SOCIALE. VIAGGIO NEI BASSIFONDI DELLA CITTA’
In seguito al consueto saccheggio del buffet della colazione, la Casero e Vianello dovrebbero condurci alla Neue, il museo di arte contemporanea, ma, contrariamente ad ogni previsione, scompaiono, costringendoci a girovagare senza un perché tra le sconcertanti architetture del quartiere. Così, quando la nostra prof. ricompare, non esitiamo a tradirla, aggregandoci all’altro gruppo.
La Neue non è affatto una Noia! Tra Picasso, l’espressionismo tedesco e Otto Dix, quasi rischiamo di perderci… La visita, pertanto, viene prolungata, e ci impegna fino al pomeriggio. Quando usciamo dal museo siamo stremati e accaldati (nel frattempo la rigida temperatura iniziale si è notevolmente alzata, e gli orsi polari hanno ceduto il passo all’estate berlinese): in queste condizioni il minimo che possiamo fare è dirigerci ad una mostra sul minimalismo!
Si tratta di un evento ignorato persino dai tedeschi, dato che siamo i primi a firmare il diario di coloro che hanno visitato queste quattro stanze, dove l’”opera” che mi colpisce maggiormente è il tris, metafora dell’esistenza: non importa dove metterai le crocette e i pallini, perché alla fine nella vita non vince nessuno. La mostra ci turba e ci spossa completamente, e, da questo momento in poi, tutto ciò che non ci piace, non ci va a genio, non è adeguato, stona, oppure suscita disgusto, diviene… minimale!
Con questa espressione di nuovo conio ancora in bocca, perveniamo al museo del muro di Berlino, en plen air. Qui è d’uopo (per non far morire la lingua) soffermarsi sui più pregnanti dettagli storici riprodotti nelle numerose fotografie e anche sulle drammatiche memorie legate alla capitale tedesca: Berlino ne ha viste veramente di tutti i colori…
Per quanto riguarda lo svolgimento della serata, io e Angelica esprimiamo una modesta proposta per eliminare il problema della fame: andare al ristorante italiano, e sfuggire in questo modo alle tanto temute boulette. Già pregusto la pasta alla sozzona, e al solo pensiero mi sento rinascere… eppure ci tocca vagabondare disperatamente almeno per un paio d’ore (e qualche chilometro) alla ricerca di … cibo, prima di trovare un posto che soddisfi le esigenze di tutti. Spazientite ed esauste, ci accontentiamo di una pizza all’aglio, anche perché, come al solito, sono quasi le 23.00.
Con la bocca ancora impregnata di questi aromi, dove possiamo recarci per un dopo cena se non in un centro sociale molto ma molto alternativo, e frequentato da pantegane della peggiore specie? Il luogo in questione ci è stato caldamente consigliato da Dario, appena arrivato a Berlino insieme al prof. Tedeschi, Kevin e a tutta l’allegra brigata bresciana, e da qualche letteronza di passaggio. Si tratta di un palazzo fatiscente, dove ogni piano funziona come un girone infernale, o, se, si preferisce, come un videogioco: al primo livello (primo piano) troviamo delle opere d’arte abbandonate sul pavimento, al secondo livello un bar all’avanguardia, e infine al terzo livello un rave party. La discarica è game over, e noi, ovviamente, finiamo proprio lì! Nell’intento di trascinare con me tutti i topi del centro sociale, mi improvviso pifferaio di Hammelin o musicante di Brema, e li risveglio con la mia musica: aaaaaahhhhh!!!!
(La visita a questa fascinosa struttura, purtroppo, non mi ha consentito di partecipare al nutella party, a cura di Natalia, che si svolgeva nel frattempo in albergo, e il pensiero ancor oggi mi addolora).
E che la smettano di ridere questi tedeschi ogni volta che ci vedono… altrimenti chiamiamo i nostri amici carabinieri!

14 APRILE: SUPREMATISMO ALLA RISCOSSA!
La giornata si apre con la visita alla Bauhaus, dove il dottor Sigmund ostenta tutta la sua erudizione, biascicando di tanto in tanto qualcosa a proposito di Arnheim, e guidandoci all’interno degli archivi. Decidiamo quindi di pranzare all’aria aperta, dato che ormai il gelo dei primi giorni non è altro che un pallido ricordo; così, mentre Angelica e Barbara optano per un dejeuner sur l’herbe, Francesca comincia ad esprimere i suoi dubbi sul nostro regime alimentare, ma, a fine pasto, un gelato non guasta affatto, prima di immergerci nel suggestivo museo ebraico. Lì accade quel che non avrei mai previsto: la folcloristica guida mi costringe a depositare il coltellino all’ingresso!
Il primo piano di questa struttura è piuttosto pregnante dal punto di vista storico e inquietante per quanto concerne l’architettura, tanto che usciamo tutti vistosamente turbati dal vorticoso e intricatissimo giardino (sotto gli occhi divertiti dei tedeschi, che ben conoscono l’effetto suscitato dal luogo) e dalla raggelante stanza dell’olocausto; nei piani superiori, invece, l’atmosfera è più ludica, e pertanto abbiamo l’opportunità di dilettarci negli spazi dedicati ai bambini con il tunnel, la scaletta, lo scivolo, il proprio nome scritto in ebraico…
Ma veniamo finalmente alla mostra su Malevic, all’interno del museo Guggenheim. Una visita che definirei… minimale per usare un neologismo, oppure straziante… per non far morire la lingua! Ecco perché prendo di petto la situazione, e decido di fondare un nuovo gruppo, detto “dei dissidenti”, o “gruppo Fabiana” (dopo il “gruppo Tedeschi”, il “gruppo Vianello” e il “gruppo Casero”), a cui aderiscono con entusiasmo Tiziana, Laura, Patty, Sara Venier, Sara Cetta, Natalia e qualche passante. L’iniziativa riscuote un notevole successo, poiché è possibile avanzare molte osservazioni su questa mostra, che trasuda di suprematismo da tutti i pori (non ho apprezzato Malevic, ma nutro un po’ di rispetto per chi ne è capace, per gli appassionati e i cultori della materia; in ogni caso, no more art, grazie).
La nostra ultima serata berlinese è organizzata dal versatile Tedeschi, che ci invita a cena in un locale tipicamente tedesco, capace di contenere circa settanta persone. Il professore bresciano si barcamena con destrezza da un tavolo all’altro, nell’intento di assicurarci un piatto caldo.
“siete voi quelli del Faby’s table?” ci domanda, poi, mentre negli altri tavoli le boulette sono state servite già da un pezzo.
“si!”
“mi dispiace, ma dovrete attendere ancora un po’… mangerete per ultimi…” ci annuncia con diplomazia. La cena viene servita soltanto in tarda serata, e, come se non bastasse, il caffè è salato e Angelica e Barbara, insoddisfatte del servizio, vorrebbero farmi ubriacare. Ma la nostra serata suprematista non è finita: nella stanza di Sara Cetta e Laura si mangia, si beve e soprattutto si prende in mano la cornetta, così, a sproposito. Le fan di Vianello vengono colpite da alcuni scherzi telefonici nel cuore della notte, e, come se non bastasse, le padrone di stanza vorrebbero addirittura svegliare la Casero. Riescono soltanto a destare Eraldo, infastidito dai rumori, il quale, uscito in corridoio in mutande, esprime con parole ingiuriose tutto il suo disappunto.
E i tedeschi continuano a sbellicarsi dalle risate…

15 APRILE: GRUPPO FABIANA, UNA GARANZIA!
Il gruppo Fabiana incoraggia la libera espressione e talvolta anche la follia di fronte all’opera d’arte. Questo è il motivo per cui le “dissidenti”, Laura, Patty, Sara Cetta, Natalia e Tiziana (messa duramente alla prova dalle sue lenti a contatto), decidono di sorvolare sul Museo Hamburger e di progettare una visita alternativa al Pergmon, dove possono godersi l’arte antica e un po’ di sole, al bar presso il dente cariato.
Le pergamasche mangiano e bevono alla faccia delle letteronze e dell’entourage di Vianello; quindi, nel primo pomeriggio, arriva il momento di ricongiungersi con le altre: Francesca, Chiara, Barbara e Angelica. Quest’ultima comincia a farneticare qualcosa riguardo al suo biglietto d’aereo, dice di averlo perso, di non ricordarsi più che fine abbia fatto; e così Barbara, ancora assonnata a causa delle ore piccole e della sveglia alle 7.15, la asseconda, promettendo di accompagnarla in hotel al più presto.
In seguito ad una doverosa sosta alla Hagën Dazs, ci dedichiamo allo shopping nelle vie del centro, acquistando... di tutto, anche perché questo è il primo (e unico) pomeriggio libero della nostra entusiasmante gita, che ormai è prossima alla sua conclusione, mentre iniziamo ad acquisire familiarità con le vie della capitale tedesca.
Si parte al tramonto, dal solito aeroporto fantasma sul solito areoplanino giocattolo, dopo un’estenuante serie di controlli da parte dei gendarmi tedeschi, e Angelica fortunatamente è con noi, avendo recuperato il biglietto. Siamo costretti, inoltre, a ingurgitare rapidamente la cena durante il volo, a base di speck e torta sacher, poiché i piloti tedeschi sono in netto anticipo, le hostess non vedono l’ora di sparecchiare e atterriamo a Milano un’ora prima del previsto.
E per una volta ridiamo noi dei tedeschi! D’altronde questo è un viaggio che non scorderemo facilmente, a differenza del suprematismo di Malevic… una tristezza insidiosa e minimale ci opprime… è meglio tagliare corto per evitare che la nostalgia di Berlino ci sorprenda: a Linate mi porto avanti con i saluti in attesa dei bagagli, ansiosa di vivere una vita in balia della disorientation!
E poi… che ne sarà di noi? Ci interrogherà la Casero? Supereremo l’esame? Smetteremo di partecipare alle gite di arte un giorno? Diventeremo guide nei musei? Strilloni? Accademici della Crusca? Oppure faremo morire la lingua? Saremo gendarmi, o, peggio ancora, fan? Ci trasformeremo in giullari e letteronzi? Tutte le strade sono aperte, l’importante è prendere quella giusta, ma senza orientarsi troppo: questa è Berlino secondo me!