Se la Maya Desnuda avesse la parola quante ne avrebbe da raccontare… ma anche noi non siamo da meno:
MAMMA HO PERSO L’AEREO, MI SONO SMARRITA A MADRID!
(29 aprile – 2 maggio 2006)
29 APRILE: MEGLIO TARDI CHE… NUNCA!
Ispirami, Musa del viaggio e delle relazioncine, le frasi più dissacranti, assetate di giustizia e colme di indignazione, per esprimere con veemenza le nefandezze subite dall’Hiberia, compagnia aerea di desperados!
Concedimi, carissima, parole taglienti come un coltello affondato nel jamón madrileno, affinché io possa narrare la pantagruelica vicenda che, come un cerchio, apre e chiude il nostro soggiorno iberico.
Insieme a me, all’aeroporto di Linate, ci sono Elena e Patrizia, pronta a ripetere un’esperienza degna di quella croata[1]; tuttavia i nostri slanci vengono soffocati da un misterioso ritardo che ci costringe ad attendere almeno un paio d’ore. Inizia a diffondersi una notizia inquietante: tracce di una sostanza tossica sarebbero state rinvenute nel motore dell’aereo. Avaria? Aviaria? Terrorismo? Boicottaggio? E invece si tratta soltanto di colla, Attack per la precisione. Viva Zapatero, non ci resta che esclamare quando finalmente decolliamo, con l’auspicio di recuperare il tempo perduto.
All’aeroporto di Madrid tuttavia le cose non migliorano: le indicazioni sono talmente intricate che diventa davvero difficile uscire. Dinanzi a noi un cartello recita “salida”, ma noi non vogliamo salire! Quando comprendiamo che questo termine significa proprio “uscita”, si è fatto un po’ tardi…
Non demordiamo: l’antico Monastero delle Monache Scalze è proprio nei dintorni dell’albergo, e infatti lo raggiungiamo senza problemi, ma siamo destinate a rimanere a bocca asciutta: gli spagnoli, infatti, poco avvezzi a traballar[2] durante il pomeriggio, hanno l’abitudine di chiudere molto presto i monumenti.
Ecco perché ci precipitiamo verso il Palazzo Reale e a stento riusciamo a visitarlo, prima di essere allontanate dalle puntualissime guardie, che ci interrompono proprio sul più bello, e cioè quando ci troviamo di fronte alla Cattedrale di Nostra Signora. Ma si può? Come se non bastasse la gente in fila non scema, perché la gente è scema, e anche questo ci fa andare un po’ a rilento.
Gli spagnoli dunque non esitano a liberarsi dell’incombenza del lavoro per andare a godersi tapas e flamenco; ma come facciamo a dar loro torto? Madrid è così gradevole di sera, pasionaria, come il carattere dei suoi abitanti, e allo stesso tempo soave, capace di spezzare la frenesia che sovente, ahimè, caratterizza noi milanesi.
Le sue vie, soprattutto quelle antiche e tortuose della parte asburgica, sono intrise del profumo della sangria e popolate da musicanti di strada che accompagnano le notti spagnole con le loro melodie vivaci.
È proprio in questa cornice che ci concediamo un’ottima cena, a base di tapas, prosciutto iberico e una tavolozza coloratissima di salse da abbinare alla carne.
E quando rientriamo al nostro albergo, Florida Norte, per i madrileni la notte è appena cominciata…
MAMMA HO PERSO L’AEREO, MI SONO SMARRITA A MADRID!
(29 aprile – 2 maggio 2006)
29 APRILE: MEGLIO TARDI CHE… NUNCA!
Ispirami, Musa del viaggio e delle relazioncine, le frasi più dissacranti, assetate di giustizia e colme di indignazione, per esprimere con veemenza le nefandezze subite dall’Hiberia, compagnia aerea di desperados!
Concedimi, carissima, parole taglienti come un coltello affondato nel jamón madrileno, affinché io possa narrare la pantagruelica vicenda che, come un cerchio, apre e chiude il nostro soggiorno iberico.
Insieme a me, all’aeroporto di Linate, ci sono Elena e Patrizia, pronta a ripetere un’esperienza degna di quella croata[1]; tuttavia i nostri slanci vengono soffocati da un misterioso ritardo che ci costringe ad attendere almeno un paio d’ore. Inizia a diffondersi una notizia inquietante: tracce di una sostanza tossica sarebbero state rinvenute nel motore dell’aereo. Avaria? Aviaria? Terrorismo? Boicottaggio? E invece si tratta soltanto di colla, Attack per la precisione. Viva Zapatero, non ci resta che esclamare quando finalmente decolliamo, con l’auspicio di recuperare il tempo perduto.
All’aeroporto di Madrid tuttavia le cose non migliorano: le indicazioni sono talmente intricate che diventa davvero difficile uscire. Dinanzi a noi un cartello recita “salida”, ma noi non vogliamo salire! Quando comprendiamo che questo termine significa proprio “uscita”, si è fatto un po’ tardi…
Non demordiamo: l’antico Monastero delle Monache Scalze è proprio nei dintorni dell’albergo, e infatti lo raggiungiamo senza problemi, ma siamo destinate a rimanere a bocca asciutta: gli spagnoli, infatti, poco avvezzi a traballar[2] durante il pomeriggio, hanno l’abitudine di chiudere molto presto i monumenti.
Ecco perché ci precipitiamo verso il Palazzo Reale e a stento riusciamo a visitarlo, prima di essere allontanate dalle puntualissime guardie, che ci interrompono proprio sul più bello, e cioè quando ci troviamo di fronte alla Cattedrale di Nostra Signora. Ma si può? Come se non bastasse la gente in fila non scema, perché la gente è scema, e anche questo ci fa andare un po’ a rilento.
Gli spagnoli dunque non esitano a liberarsi dell’incombenza del lavoro per andare a godersi tapas e flamenco; ma come facciamo a dar loro torto? Madrid è così gradevole di sera, pasionaria, come il carattere dei suoi abitanti, e allo stesso tempo soave, capace di spezzare la frenesia che sovente, ahimè, caratterizza noi milanesi.
Le sue vie, soprattutto quelle antiche e tortuose della parte asburgica, sono intrise del profumo della sangria e popolate da musicanti di strada che accompagnano le notti spagnole con le loro melodie vivaci.
È proprio in questa cornice che ci concediamo un’ottima cena, a base di tapas, prosciutto iberico e una tavolozza coloratissima di salse da abbinare alla carne.
E quando rientriamo al nostro albergo, Florida Norte, per i madrileni la notte è appena cominciata…
30 APRILE: TRE CUORI E UNA BARRACA
Prado, Prado, Prado. Per noi oggi Madrid significa soprattutto questo. E se la capitale spagnola è così grandiosa e solenne è anche merito suo. L’enorme museo ospita collezioni di assoluto rilievo, come quella dedicata alla pittura italiana tra il Trecento e l’Ottocento, che comprende opere di Mantegna, Botticelli, Tintoretto, Veronese e altri ancora.
Ma come non menzionare il mio amato Bosch, del resto in buona compagnia, data la presenza di fiamminghi d’eccezione come Memling, Weyden e Van Dyck? Questo elenco potrebbe essere molto più lungo, ma, con tutte le buone intenzioni, non riuscirebbe a rendere la ricchezza delle sale, in particolare quella relativa all’arte spagnola, dominata dall’avvenenza della Maya Desnuda e dal titanismo de Il Colosso.
Oltre a Goya, indugiamo con piacere anche su El Greco e Ribera, prima di… ritirarci.
Proprio così. Scopriamo infatti le meraviglie dell’immenso Parco del Buen Retiro, dove non solo possiamo ricrearci in seguito a una mattinata tanto impegnativa, ma abbiamo modo di ammirare i prati all’inglese, l’incantevole roseto, il laghetto e molte altre zone del parco, la cui vastità ci soverchia a tal punto che non riusciamo più a trovare la via d’uscita.
Patrizia approfitta del momentaneo smarrimento per scattare decine di fotografie alla spettacolare area verde, mentre Elena scalpita perché vorrebbe visitare un altro museo, il Thyssen Boernemisza. Alla fine è accontentata, ma, con tutta la buona volontà, io e Patrizia, messe duramente alla prova dalla lunga camminata, eludiamo la visita, optando per una spremuta-aperitivo.
Elena lascia il museo dopo circa un’ora (ancora una volta sospinta dagli addetti, all’ora di chiusura) piuttosto soddisfatta, con le opere dei giotteschi e degli impressionisti francesi negli occhi: dunque una capatina presso il Thyssen sarebbe raccomandabile… ma a stomaco vuoto, cioè non in seguito alla full-immersion nel Prado, non successivamente all’estenuante tour del Buen Retiro (oserei consigliare di trascorrere un lasso di tempo più breve al parco), e rigorosamente durante la mattinata o il primo pomeriggio, allo scopo di evitare l’esodo forzato dall’edificio per la precoce chiusura. D’altronde, si sa, gli spagnoli amano far fiesta…
Anche noi abbiamo voglia di paella! E così, passando per la fontana di Cibele (che, detto tra noi, non è nulla di speciale), ci dirigiamo alla Barraca, un ristorante molto caratteristico, a numero chiusissimo: pensate che i ristoratori accolgono al massimo una ventina di clienti ogni sera.
È il trionfo della più popolare pietanza spagnola, cucinata in svariati modi. Quella ai frutti di mare scelta da Elena e Patrizia non delude affatto i nostri palati, mentre il formaggio iberico, vogliate credermi, non è un granché.
Con la paella invece si va sul sicuro, tanto che solo il ricordo mi fa venire l’acquolina in bocca. Quel che invece non è per niente sicuro è il conto, che ci lascia dapprima irretite per la cifra, eccessivamente elevata. È sufficiente una rapida occhiata di Patrizia, donna dalle spiccate capacità contabili, per capire che il totale è stato gonfiato di circa venti euro. Di fronte alle nostre perplessità il disonesto cameriere balbetta qualcosa come «error» per poi andarsene costernato a ricalcolare il tutto, stavolta, guarda caso, correttamente. Ci avevano provato.
A nulla vale, all’uscita, la captatio benevolentiae rivolta alle «tre brave e intelligenti italiane», perché abbiamo capito il loro gioco. Vergogna! E viva Zapatero!
Tutto sommato è andata bene: la cena era squisita e ora possiamo passeggiare amabilmente intorno a Plaza Mayor, assistendo allo spettacolo delle strade animatissime e chiassose, allietate da un clima gentile che ci ha accompagnato lungo tutto il soggiorno nella capitale iberica. In questo modo celebriamo l’ultima serata a Madrid… almeno così crediamo…
1 MAGGIO: OVERBOOKING, PERCHE’?
Primo maggio, su coraggio! Il Centro de Reina Sofia è un museo imperdibile, soprattutto perché accoglie uno dei capolavori di Picasso, Guernica. Purtroppo, quando raggiungiamo l’imponente struttura, ci imbattiamo in numerosi turisti, dubbiosi, in attesa davanti alle porte chiuse del museo, che comunque, secondo le indicazioni di internet e degli enti turistici, dovrebbe aprire, anche perché si tratta di una giornata “calda” per le visite.
Invece siamo tutti vittime del medesimo inganno. La nostra attesa è vana, perché il museo non aprirà mai: ancora una volta la mala organización spagnola ci impedisce di apprezzare un monumento significativo. Che dire? Viva Zapatero!
Ma non c’è limite alla mala educación e, purtroppo, alla criminalità tra le vie di Madrid. Mentre percorriamo le affollate strade intorno al museo, notiamo delle ragazze, forse zingare, intente a derubare i turisti, aprendo i loro zaini di nascosto.
E pensare che ci provano anche con me, ma la loro truce vicinanza mi insospettisce, e fortunatamente anche Elena è vigile. Devono rinunciare. Possono solo sfogarsi insultandoci in modo grossolano e volgare, e allora in questi casi è meglio allontanarsi senza esitazione. Viva Zapatero.
Il fatto più grave, tuttavia, si verifica poche centinaia di metri dopo, quando, incrociati due agenti, cogliamo l’occasione per riferire l’accaduto, e, come risposta, ci viene assicurato che si tratta di un fatto normalissimo! Viva Zapatero al cubo!!
Seguitiamo la passeggiata mattutina (ovviamente tenendoci stretti portafogli e documenti) attraversando la caliente Calle del Toro, e toccando alcuni punti di interesse come la romanica chiesa di S. Nicola, la più antica di Madrid, e la stazione di Atocha che, con tutte quelle piante, sembra più che altro un parco…
Finalmente si pranza! Dopo mille esitazioni varchiamo la soglia del ristorante Los Nobles de Castilla, un nome da tenere a mente per il gentile trattamento riservato anche ai clienti più scoccianti (ebbene si, mi riferisco proprio a Elena e Patrizia) e per il… cocido.
Siamo trepidanti all’idea di assaggiare questo piatto iberico a base di ceci e tanti altri ingredienti, a tal punto da infastidire più volte la saggia ristoratrice, nell’intento di farci servire quel che desideriamo.
Il cocido inizialmente mortifica le nostre aspettative, poiché ci viene servita una brodaglia sconfortante, accompagnata dal boato di disapprovazione di Patrizia, la quale scaglia una feroce invettiva rivolta a questi benedetti nobili di Castiglia. Ma, attenzione: le apparenze ingannano e l’essenziale è invisibile agli occhi[3]! Il vero cocido arriva dopo: la brodaglia era soltanto un preludio a qualcosa di ben più sostanzioso. A questo punto la signora del ristorante alza gli occhi al cielo, esausta. È evidente che non ci sopporta più, ma alla fine riusciamo a coinvolgerla nelle nostre battute e a sorridere insieme a lei. Per giunta scopriamo che qualche anno fa ha ricevuto un premio dal papa per la sua somma pazienza.
«Ora inizio a capire…» penso, osservando le fotografie appese in corridoio che la ritraggono insieme a Giovanni Paolo II. Che lezione di vita! E che pranzo!
Il pomeriggio è dedicato allo shopping nei negozi più esclusivi della città (si fa per dire), dove comincio a identificarmi con la cultura spagnola vestendo i panni di uno zorro audace e invincibile. Anche Elena, novella torera, non è da meno.
Così ci incamminiamo trionfalmente verso l’aeroporto, neanche avessimo sbaragliato una torma di avversari alla corrida, ma, una volta giunte all’imbarco, proprio al momento di salire sull’aereo, veniamo trattenute, insieme a una famiglia, a causa di un… overbooking! Saremo “sequestrate” per una notte. La suerte ha scelto proprio noi.
Siamo disarmate. Di stucco. Senza parole. E poi sconcertate, stizzite, furiose! Perché gli operatori dell’Hiberia fanno come se nulla fosse? Una volta imbarcati tutti i passeggeri, mi rivolgo in un inglese eloquente all’addetto ed esigo conoscere i miei diritti: sono garantiti un compenso in contanti, la notte in hotel e il volo previsto per il mattino successivo. Occorre dunque raggiungere il centro assistenza dell’Hiberia, ma non è così semplice, perché veniamo “rimbalzate” da un ufficio all’altro almeno per un paio d’ore. Siamo abbattute e distrutte per via di questa grottesca situazione, ma seguitiamo a trascinarci lungo lo sterminato aeroporto madrileno. Andiamo, andiamo e un po’ ci perdiamo.
Questo vagare, questa disorientation sta diventando troppo lunga, insensata, e comincio ad aver voglia di arrivare…
E infine, ecco materializzarsi dinanzi a noi, lontano lontano, piccino piccino, il famigerato centro di assistenza. Ci spettano 250 euro di incoraggiamento, il buono per il volo dell’indomani e tre regali suite presso l’hotel Tryp Alameda Aeropuerto, creato apposta per coccolare i viandanti che vi approdano stanchi e arrabbiati.
Non solo, infatti, approfittiamo del buffet, consistente e fastoso, ma ci precipitiamo al più presto nelle sontuose stanze, dove addirittura disponiamo di un telefono in bagno!
Tuttavia non ci curiamo granché del lusso intorno a noi perché andiamo a dormire prive di energie, in vista della levataccia la mattina seguente. E se la sveglia viene meno, per fortuna ci sono io ad annunciare a tutte l’alba di un nuovo giorno, in cui partiamo per davvero!
Forse, e che le hostess non si offendano, non voleremo mai più con l’Hiberia. Mai più Attack, mai più overbooking.
Mai più, anche se 250 euro fanno sempre comodo. Mai più, anche se, tutto sommato, è stato divertente. Ma quel che è certo è che a Madrid, al fascino della capitale spagnola e al suo sapore forte, non si deve, non si può dire nunca! Hasta la vista.
Un ringraziamento in particolare a Elena, per avermi ricordato i nomi di alcuni luoghi e dei locali dove abbiamo mangiato.
[1] Allusione alla vacanza in Croazia (Pola) nell’estate 2005, dove abbiamo conosciuto Patrizia
[2] Lavorare
[3] Citazione tratta da Il piccolo principe di Antoine de Saint-Euxupéry
1 commento:
...come sospettavo...neanche questa foto mi rende onore! Ma un'immagine più "normale", no????!!!!???? Mi avete immortalato in una posizione aerea, quasi in un "volo straziato", come direbbe Flores!!!E che cosa dire del locale alle nostre spalle, taverna TIPICA della città madrilena che mostra l'indicazione a caratteri cubitali "Pub irlandese"!!!!!!! Insomma, un'altra scelta infelice...AVRESTI DOVUTO CONSULTARMI!!!!
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